7th Sector – Recensione

7th sector
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Recentemente ho avuto la possibilità di provare 7th Sector, titolo sviluppato dal team russo di Носков Сергей disponibile per PC, Playstation 4 e Nintendo Switch. Anche se abbiamo di fronte un titolo capace di trasportare il giocatore all’interno di un mondo nuovo, con tematiche già viste, abbiamo una trama quasi inesistente.

Anche se non è stato tradotto in italiano non risulta fondamentale conoscere l’inglese, perché non sono presenti un doppiaggio e i sottotitoli per via della mancanza di personaggi. Questo perché il titolo è un puzzle game nel quale, interpreteremmo l’essenza del protagonista intrappolata all’interno di una sfera elettrica.

Un paese nel quale non vorresti vivere

L’ambientazione del titolo ricorda molto un paese dell’est europa, sotto il regime sovietico, e l’area dalla quale dobbiamo fuggire è stata chiamata 7th Sector. La libertà individuale di fare, pensare e agire nel paese viene negato totalmente e verremmo intrappolati all’interno di un televisore a tubo catodico dal quale fuggiremmo tramite i fili elettrici.

Il titolo indie mi ha ricordato un incrocio fra Limbo e la serie di Portal, perché ovunque ci muoveremmo non ci saranno scontri con unità militari o simili. Ma piuttosto una passeggiata in un contesto nella quale siamo spettatori di un mondo, che non abbiamo mai visto e vissuto e che non vorremmo mai viverci.

I cavi elettrici fungeranno come autostrade per condurre il giocatore, di volta in volta, ad affrontare le varie difficoltà proposte dal titolo basate su enigmi ambientali. Questi ultimi gli ho trovati molto interessanti e appaganti, e in alcuni casi, piuttosto complicati da risolvere e questo permette di ingegnarci per risolvere il problema.

Scorci di un paese in pezzi

I binari sono riempiti in ogni e dove da enigmi da risolvere, uno dei primi è quello dedicato a riattivare l’energia in un pannello di controllo. Non sarà semplice all’inizio perché non è presente un vero e proprio tutorial, perché il titolo ci spiega come muoverci e come agire ma niente di più divisi in tasti per il movimento e quello dedicato alla carica energetica.

Insomma comandi estremamente minimali ma capaci di creare difficoltà nel giocatore, quel tanto che basta per continuare a muoversi avanti e indietro per capire che cosa dobbiamo fare. Con il pannello di controllo all’inizio mi sono domandato, in che ordine devo inserire gli spinotti? Avessi guardato subito in basso nello schermo della Switch avrei capito immediatamente.

Perché dico questo? Perché la soluzione più ovvia non è quella diretta o più complessa ma piuttosto, quella più semplice dove tentare più e più volte è la chiave del successo. Questo accade anche tutti gli altri enigmi come quello dedicato ai magneti, dove controllando il magnetismo di alcuni oggetti elettrici possiamo attivare o disattivare, alcune aree del mondo di gioco.

Un stile di gioco insolito

La scelta di puntare solo ed esclusivamente in una campagna piena di enigmi, ambientazioni che fanno riflettere e molto altro mi ha fatto pensare. Per quanto sia ben strutturato si può limitare solo ed esclusivamente, ad una campagna in singolo giocatore senza una coop e missioni aggiuntive, ma questo può essere sufficiente? Per me no.

Essendoci una schermata povera, ma comunque realizzata in maniera carina, non si ha molta scelta di rigiocare più volte il titolo perché è auto conclusivo. Perché per quanto sia complessa la storia principale, è completabile in circa 10 ore insomma rimane un indie interessante ma che non riesce a superare il limite dei giochi tradizionali.

Amnesia presenta comunque in parte atmosfere dark similari a 7th Sector, ma Dark Descent è entrato nell’immaginario collettivo degli appassionati del genere horror per le custom map. Queste ultime garantivano una maggiore rigiocabilità per il gioco, aumentando sensibilmente la possibilità di stare all’interno del titolo, cosa che manca nell’opera russa e che sarebbe stato bello vedere una cosa similare.

Non è un gioco per tutti

Avendo una grafica con tonalità scure e tematiche horror, è un titolo che bisogna in continuazione ragionare e trovare una soluzione alle miriadi di enigmi. Si sentono in lontananza alcune voci che ricordano la lingua russa, ma non si riescono a capire bene le varie parole che vengono pronunciate.

Questo permette al giocatore di concentrarsi solo ed esclusivamente sul gioco e non sulla storia, non sarebbe stato male avere una trama anche se banale, insomma ricordiamo la storia di Portal. Ma dipende da giocatore a giocatore, preferisco sempre seguire una storia anche se è banale, e le ambientazioni sono tipiche dei paesi comunisti degli anni 70 dove chi aveva un grammofono era considerato alla moda.

In base al contesto l’audio l’ho trovato estremamente ben realizzato per un titolo indie, l’unica pecca è l’assenza dell’italiano ma non è importante ai fini della trama. Perché questo? In poche parole oltre al menu dove ci saranno poche informazioni generali, non servirà una conoscenza perfetta della lingua anglosassone ma basterà solamente stare un po attenti e niente di più.

Sull'autore

Giacomo Lambertini

Cresciuto con pane, videogiochi e fumetti cresce con una voglia smisurata di raccontare ciò che più gli appassiona a chiunque.