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Di solito, gli spin off ideati da The Pokémon Company hanno sempre trasmesso un certo fascino dalla loro. Detective Pikachu è sicuramente un gioco che sembra averne uno in particolare, che esercita attrazione nei confronti di chi si definisce fan dei Pokémon. L’idea alla base del gioco è tanto semplice quanto efficace, prendere la – ormai non più incontrastata, affiancata ad Eevee – mascotte del mondo Pokémon e renderla un detective. Con tanto di cappellino. Con queste premesse, quindi, ciò che mi aspettavo era un gioco sulla falsariga di un Layton o Ace Attorney. Tuttavia, a volte, sarebbe meglio non tenere troppo alta l’asticella delle aspettative.
Hey, Tim!
Proprio come i due giochi nominati poco fa, Detective Pikachu è un gioco molto “story driven”. Pone, quindi, una particolare attenzione nello svolgersi degli eventi. Tim Goodman, il protagonista, è arrivato da poco a Ryme City alla ricerca di suo padre, misteriosamente scomparso da circa due mesi. Pochi minuti dopo aver messo piede nella città, ecco che si imbatte in un curioso esemplare di Pikachu che riesce a parlare (e con che voce poi). Sorpresa delle sorprese, si tratta del Pikachu di suo padre e solo Tim è in grado di capire ciò che dice. Da qui, poi, si va ad instaurare il loro rapporto e cominciano le loro avventure. La narrazione si estende lungo nove capitoli, di cui ognuno racconta una storia autoconclusiva raccolte tutte in un unica macrostoria. Ovvero, trovare il padre di Tim e scoprire cosa causa la follia nei pokémon.
Detto ciò, però, ho notato che il character design di Tim è molto sottotono. Si tratta di un protagonista fin troppo anonimo. Con uno spiccato senso di giustizia, certo, ma non è una caratteristica che lo farà ricordare. Di tutt’altra pasta è invece il suo topo giallo da compagnia. Pikachu, infatti ha una personalità tutta sua, non è il solito pikachu carino e coccoloso che ci si aspetta. Sembra più un uomo di mezza età che un pokémon: adora il caffè, si lamenta delle cose, fa la corte alle donzelle. Il che cozza parecchio con il suo aspetto, soprattutto con il vocione profondo che gli hanno dato. Tuttavia, questa diversità tra il suo aspetto e il suo modo di comportarsi lo rende molto più caratteristico e divertente.
Un “Pika pikaaa” molto profondo
Punto fondamentale in un gioco come questo è il gameplay. Purtroppo per me (e sottolineo per me, non per tutti) Detective Pikachu è un gioco studiato per essere “goduto” dai bambini. Gli enigmi che si pongono davanti al giocatore non sono quasi mai complicati, per nulla. È capitato fin troppe volte di sapere già la soluzione di un caso, ma non poterlo risolvere poiché il gioco richiede di cercare prima altre prove (anche prove inutili se consideriamo che un Pokémon grigio non può avere una piuma nera ma lasciamo stare). Ed è più o meno su questo che verte tutto il gioco, raccolta di prove per risolvere enigmi mai troppo difficili. In alcuni casi c’è anche un pizzico di azione nei capitoli, azione che si consuma con dei semplici quick-time event. Questi possono essere anche sbagliati, ma non comporterà mai un vero problema farlo, vedrete solo una scenetta simpatica ed alternativa.
Stranamente, però, la cosa più divertente nel giocare questo gioco è il vedere le scenette con Pikachu. Durante le ricerche di Tim, il nostro partner giallo, di quando in quando vorrà darci dei consigli o informarci di qualcosa, facendo lampeggiare la sua icona sul touch screen. In questi casi, toccandolo si avvierà una scenetta in cui dirà o farà qualcosa di stupido. In realtà l’icona possiamo toccarla anche quando non è lui a chiamarci, così facendo vedremo scene più generiche ma pur sempre sfiziose e divertenti. Anche gli sviluppatori hanno posto una particolare attenzione alle scene in questione, nel menu iniziale c’è una sezione apposita per scegliere e visualizzare la scenetta che si vuole e ne sono più di 150. Per esempio, pikachu che fa una capriola “in case we need that” oppure che calcia un pallone. Insomma, un gioco straconsigliato per chi ha una sorta di feticismo nei confronti del topo elettrico.
Detective tip number…
Questo gioco propone una visione tutta nuova del mondo pokémon, una visione più realistica. È la prima cosa che noterete avviando il gioco, una città in cui pokémon ed umani convivono in armonia. Certo, questo accade anche nei normali giochi pokémon, ma qui è una cosa che salta più all’occhio. Vuoi che sia per le dimensioni più accurate dei pokémon o per la grafica più pulita e con uno stile molto meno deformed del solito ma l’impatto con il gioco è sicuramente positivo. I modelli poligonali dei personaggi, nonostante la console, sono fatti più che bene. Anche in questo caso, però, Tim risulta essere un personaggio molto anonimo, più di altri personaggi secondari. Inoltre, a differenza, per esempio, degli ultimi arrivati in casa pokémon (Pokémon Ultrasole ed Ultraluna) il gioco cola liscio come l’olio, senza rallentamenti. I movimenti dei personaggi sono molto fluidi e sempre realistici. Anche le ost dei capitoli sono per lo più orecchiabili e gradevoli, tuttavia, diversamente dalle ost classiche del mondo pokémon, non vi resteranno impresse nella mente.