Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.
Tra le molte testate della casa Valiant mi aveva sempre affascinato Divinity. Un personaggio onnipotente che si presenta come un Dottor Manhattan di colore che ha vissuto nell’epoca della guerra fredda sul territorio sovietico. Un’accoppiata niente male insomma, ma per scoprire la serie madre vi consiglio di leggere la mia recensione al riguardo. Inutile dire in ogni caso che dopo aver letto Eternity ho avuto un piacevole ritorno su un personaggio cosi particolare e bello, ma anche un po’ stranito per il contenuto offerto.
La storia è ovviamente ambientata dopo i due Divinity e vede Adam e Myshka già genitori. Hanno un figlio ancora piccolo, ma improvvisamente questo viene rapito e portato in un posto remoto. Il più remoto di tutto l’universo. Sarà qui che i due amanti scopriranno delle vite diverse dalla loro e capiranno che qualcosa di grande si sta muovendo nell’universo e che non tutto dipende da loro due. Si tratta forse di una consapevolezza gigantesca che solo un essere superiore più comprendere e accettare. Non mancheranno i combattimenti, ma forse qualche intoppo narrativo alla fine lo si vede chiaramente.
La sceneggiatura di Matt Kindt funziona solo in parte infatti in quanto non riesce a essere incisiva. L’inizio particolarmente interessante ed elaborato viene eclissato da una soluzione del problema piuttosto scialba. I personaggi ovviamente sono fuori dai parametri umani, ma Adam risulta essere troppo malleabile e passa dall’incazzato all’indifferente nel giro di pochissime vignette. Anche i villain in fin dei conti appaiono in modo indefinito Le matite firmate da Trevor Hairsine riescono nell’intento di descriverci gli eventi con una quantità di dettagli parecchio interessante. Il tratto di Trevor permette una visione molto precisa e definita dei personaggi e dello spazio che ricoprono.