Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.
Il percorso della realtà virtuale come medium è quando di più irregolare si possa pensare di immaginare per una tecnologia. Tralasciando le sue origini commerciali risalenti alla fine degli anni 80’, la sua nuova riproposizione in questo decennio si è imposta in maniera decisamente altalenante, tra momenti di euforia ed altri di calma piatta. Così è stato anche per il suo parco titoli, che ha saputo alternare grandi prodotti a piccoli e continui innesti di opere più piccole, alcune di alta qualità, altre assolutamente dimenticabili. Per intenderci, la realtà virtuale può essere quella del recentissimo Half Life Halix, Far Point, Resident Evil 7, oppure quella di opere più silenziose, come “Moss”, titolo di cui proprio oggi vi vogliamo parlare.
Non siamo di certo di fronte ad un tripla A, né ad una produzione che si pone l’obiettivo di rivoluzionare le regole del medium. La realtà virtuale ha però già provato più volte ad insegnarci (riuscendoci) che molte volte nella botte piccola c’è il vino buono, e dato che la protagonista di questo racconto è niente meno che una piccola topolina, mai come in questo caso la retorica potrebbe rivelarsi corretta.
Titolo pubblicato dal team indipendente Polyarc nel 2018 per Pc e Playstation VR, ci preme raccontarvi del perché anche ora, nonostante gli anni trascorsi e l’aumento dei titoli disponibili sul mercato, questa storia riesca a mantenersi affibbiata al concetto di must-have.
Il motivo è semplice: le magie non invecchiano mai, nemmeno di un giorno.
Sciogliersi dentro una fiaba
La storia di Moss non ha nulla di speciale di per sé. E’ il modo in cui viene raccontata a farla risultare incredibilmente coinvolgente.
Gli stilemi della fiaba ci sono tutti, ma con qualche elemento “promiscuo” che aiuta il titolo a scrollarsi di dosso immediatamente il possibile bollino di titolo infantile.
Il giocatore veste i panni (lo sguardo) di un Lettore venuto in possesso di un antico libro, intitolato per l’appunto “Moss”. Iniziando la sua lettura all’interno di un’antica e meravigliosa biblioteca, verrà catapultato all’interno della storia. Così farà la conoscenza della topina Quill, proprio mentre viene in contatto con una strana pietra magica.
L’introduzione al mondo di gioco (e la successiva narrazione degli eventi) avviene tramite la lettura delle pagine del libro. Veniamo a conoscenza dell’antica guerra accaduta nel regno degli animali, attaccato dal malvagio serpente Sarfogg in un tempo ormai lontano, nella Notte delle Ceneri.
Dal momento in cui la topolina entrerà in possesso della pietra inizierà ad accorgersi della presenza invisibile del lettore: i due dovranno unire le forze per riuscire a ritrovare lo zio di Quill, scomparso in circostanze misteriose.
Moss si muove su un terreno narrativo davvero spinoso. Utilizzare il registro fiabesco è infatti una mossa azzardata per certi versi, in quanto rischia di far percepire la sua storia come banale o poco interessante ad una larga fetta di pubblico.
Su questo terreno, per riuscire a mantenere alto l’interesse dei giocatori, ci vuole maestria, e il team di Polyarc si dimostra assolutamente eccellente in questo, riuscendo non solo a non inciampare nella criticità menzionata, ma anzi, utilizzano in maniera così perfetta le possibilità offerte dalla narrazione, che l’arma a doppio taglio non si rivela più tale, risultando alla fine dei conti un vero e proprio vantaggio. Le fiabe, ben narrate, sono strumenti narrativi trasversali, storie appetibili per tutte le età. Non c’è target infatti che non possa dirsi toccato dal racconto che Moss imbastisce. La sua storia di formazione e di crescita ostenta un registro delicato che però ben si alterna a momenti di cupezza capaci di inasprire la narrazione quanto basta.
Il risultato è che si avrà letteralmente l’impressione di essere stati catapultati all’interno di una fiaba. La sua malia rimarrà un collante capace di stamparvi un sorriso stregato sul volto dal primo all’ultimo secondo dell’opera.
Il rapporto che la storia riesce inoltre a creare tra protagonista e giocatore, vive di piccoli momenti di “dialogo indiretto” che permettono al giocatore di entrare realmente in relazione con la piccola avventuriera, e far così ancora più propria la missione di soccorso in questa piccola odissea che la aspetta.
Relazione, modalità di racconto, e la magia dell’ambientazione fiabesca in cui ci sentiremo fusi, riescono a dar vita a quelle storie magiche che, fin da piccoli, abbiamo sempre sognato di poter vedere coi nostri occhi.
Grazie a Moss questo sogno diventa praticamente realtà.
La magia che non ti stanca
Venendo alle meccaniche più strettamente ludiche Moss non si discosta molto da titoli come “Wayward Sky”, uno dei primi titoli disponibili al lancio di Playstation VR. La visuale isometrica ci permetterà di muovere il personaggio (esclusivamente tramite Dual Shock) nelle micro aree di gioco che si susseguiranno: per superare ognuna di esse sarà necessario risolvere l’enigma proposto dallo scenario, muovendo piattaforme e i sempre diversi oggetti con cui ci troveremo ad interagire. L’interazione con gli elementi dello scenario non sarà solo esclusiva della protagonista, anzi: il percorso dovrà essere “apparecchiato” dal lettore che, dall’alto, avrà la possibilità di azionare tutta una serie di marchingegni rendendo l’area attraversabile. La difficoltà degli enigmi non risulterà mai eccessiva, né così banale. Il giocatore sarà chiamato ad impegnarsi quanto basta, senza alcuna frustrazione. Risulta ovvio che l’impostazione del gameplay è totalmente asservita alla volontà di creare un racconto fluido e piacevole.
La possibilità di annoiarsi è totalmente scongiurata dalle brevi fasi di combattimento che ci troveremo a dover affrontare. La topolina, armata di spada, si troverà a confrontarsi con avversari dalle forme di piccole macchine o di strani insetti. I combattimenti riusciranno a donare quel pizzico di adrenalina in più ai vari scenari. Il combat system, per quanto basilare nelle sue meccaniche, può considerarsi il vero salvagente ritmico del gioco.
Forse arrivati alle fasi finali si prova un pizzico di rimpianto. La sequenza legata al boss finale ha una netta marcia in più in termini di epicità e dinamismo; avrebbe fatto piacere magari vedere qualche situazione del genere anche nel resto della campagna (la quale dura all’incirca quattro ore).
Tornando su quanto già accennato ad inizio articolo, né la storia, né il gameplay, avrebbero mai potuto far brillare Moss senza un adeguato comparto artistico. Più che adeguato, in questo caso parliamo di un vero e proprio piccolo gioiello. L’art design sceglie soggetti non proprio intriganti (i topolini non sono protagonisti genericamente così affascinanti) ma li riesce a rendere maturi, cavallereschi. C’è epica in Moss e ce n’è tanta! Gli scenari sono ricreati ad arte, i colori vivaci rendono viva la foresta, si respira magia ad ogni sguardo. La scelta di utilizzare la visuale isometrica non toglie nulla all’immersione che il mondo di gioco è capace di farci provare grazie alla sua grazia estetica. Bastano poi poche intuizioni, come una gigantesca quercia e una colata di foglie autunnali, per far letteralmente spalancare la bocca dalla meraviglia. La vista del castello in lontananza, i cieli variopinti e stellati, sono elementi scenici vivi, pregni di una magia che difficilmente dimenticherete. Il team ha saputo perfettamente trasporre il mondo delle illustrazioni fiabesche in una realtà virtuale a telecamera fissa che risulta ben più immersiva di molti mondi che abbiamo visitato in prima persona. La voglia di scandagliare lo scenario, alla caccia del più piccolo dettaglio, sarà onnipresente, e arrivati al finale sarà impossibile non provare un pizzico di dolore nel vedere quel libro chiudersi portandoci via quel mondo così meraviglioso.