Alan Wake – Quando una serie tv diventa videogioco

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La proliferazione del medium videoludico che noi tutt’oggi conosciamo è stata nella sua globalità un processo in continua ascesa altresì scandito non solo da un processo tecnologico che migliora a vista d’occhio in tutti i campi della nostra esistenza, ma anche da titoli che grazie a veri e propri colpi di genio da parte di talentuosi designer e di luminari team di sviluppo sono riusciti, divenendo vere e proprie pietre miliari dell’industria, a render il videogioco una metodologia d’intrattenimento in grado di trasmettere emozioni reali e tangibili degne di una qualsivoglia forma artistica e d’intrattenimento che contraddistingue la nostra epoca. Prodotti del genere hanno irrimediabilmente rivoluzionato il modo di concepire ed idealizzare un prodotto di natura videoludica e quest’oggi, proprio in occasione dell’ufficializzazione della serie tv dedicata, ci concentreremo sul memorabile titolo di Remedy che si è fatto attendere e desiderare per un bel pò di anni prima della sua release avvenuta nel lontano 2010, ossia Alan Wake…dagli autori di Max Payne e dei futuri Quantum Break e Control non ci si poteva aspettar altrimenti e difatti anche stavolta la software house filandese riuscì a colpire l’indole più profonda di tutti noi fruitori del medium visto che poche volte un gioco ha saputo creare un hype così smisurata, un’attesa che cionondimeno suscitò all’epoca pareri aspramente discordanti dividendo sia la critica sia il pubblico che lo etichettarono in modo del tutto approssimativo come un’opera di forte impatto narrativo ma con una giocabilità non al passo con le (all’epoca) attuali generazioni.

Nonostante i difetti Alan Wake è divenuta un’opera che seppur a tratti deliberatamente e fortemente psicologica nonché di stampo kinghiano riesce a stupire per il “come” essa in modo del tutto originale viene propinata, detenendo come già anzitempo esplicitato un gameplay facilmente deprecabile ma viceversa contornato da un proprio costrutto narrativo che si approccia ed interagisce intrinsecamente non solo nei confronti del videogiocatore ma anche nei confronti del protagonista rappresentato difatti come l’incarnazione del classico antieroe ritrovatosi improvvisamente in balia di un mondo, o meglio un’incubo da lui stesso creato intriso, come il suo animo, di oscurità ed incertezze, che lo rendono letteralmente artefice del proprio destino e di chi lo circonda…insomma come scrisse Stephen King “gli incubi esistono al di fuori della ragione; sono antitetiche alla poesia del terrore”.

Inquietante e tenebrosa al punto giusto.

E luce fu

Con delle vendite inizialmente particolarmente sottotono a causa della diffidenza post-release ampiamente sopracitata da parte dell’utenza possiamo sicuramente asserire che la disavventura di Alan è stata una delle storie meno comprese della scorsa generazione di console e bensì ripresasi fortunatamente solo alcuni anni dopo, ma cionondimeno bisogna rimembrare che il titolo mostrato per la prima volta all’E3 del 2006 si presentava in modo decisamente differente poiché la città di Bright Falls dove si svolgono le vicende era stata in antitesi concepita come una piccola mappa completamente esplorabile (in stile Gran Theft Auto) che venne poi successivamente scartata dopo un periodo di prova di addirittura sei mesi perdendo al contempo l’indole thriller bramata dal team di sviluppo nelle prime fasi. Alla costante ricerca di un’ambientazione suggestiva ed in grado di catturare l’attenzione del videogiocatore gli artisti del team finlandese si misero perfino a girare per il nord ovest degli Stati Uniti alla ricerca di locazioni interessanti che fungessero da ispirazione per gli scenari del gioco, scattando oltre 6.000 fotografie di negozi, case, locali e ambienti naturali come il Twede’s Cafe in North Bend, o la Crab & Seafood Warehouse in Ilwaco che sono solo alcuni dei posti reali poi rielaborati ed utilizzati nel gioco riuscendo difatti a ricreare un’ambientazione particolarmente evocativa che prende a piene mani lo stile di serie tv come Twin Peaks o Ai confini della realtà, dalla letteratura fantastica dei vari Lovecraft, Barker, Bret Easton Ellis, Mark Z, oppure da Danielewski col suo romanzo intitolato Casa di foglie…insomma gli sceneggiatori sono riusciti a creare un racconto dislocato mediante una struttura episodica  (guarda caso) dalla scrittura immersiva, ricca di sfaccettature e decisamente affascinante, rimasta quindi nell’immaginario collettivo dei fan che sperano ancora in un seguito che è stato oggetto di tante speculazioni nel corso di questi ultimi anni a seguito di annunci poi rivelatesi falsi con delle vicende tutt’altro che concluse.

Uno dei primissimi screenshot mostrato all’E3 2006.

“The Lady of the Light”

Non bisogna poi dimenticare che l’intera avventura viene man mano accompagnata da una soundtrack in generale di pregevolissima fattura ma che supera la media del classico prodotto di natura videoludica con alcuni singoli dei “Poets of the Fall” che renderanno, tra una citazione di stampo kinghiano ad un sentiero irto di pericoli in grado costantemente di sgretolare la quarta parete nel suo prosecuzio, l’intera esperienza un qualcosa di indimenticabile che vi farà pentire nel non aver anni prima contemplato e concepito un capolavoro che si spera riesca ed esprimere tutte le sue potenzialità anche in questa sua nuovissima trasposizione ludica.

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Sull'autore

Francesco Palmiero

Enciclopedizzare, narrare, contemplare e condividere insieme l'arte videoludica.