Assassin’s Creed Odyssey – Recensione

Assassin's Creed Odyssey
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Ci sono serie che al livello teorico potrebbero continuare quasi all’infinito con delle storie sempre nuove e fresche. Poi con il passare degli anni, ovviamente, il rischio è quello di cadere nella banalità creativa e portarci un gioco simile a tutti gli altri episodi. Questo è sicuramente il caso di Assassin’s Creed, che fino a Origins soffriva in malomodo di un gameplay semplice e ripetitivo che non ha saputo rinnovarsi con il passare degli anni. Grazie a Origins abbiamo però avuto una ventata d’aria fresca. Il gioco aveva smosso non solo il gameplay, ma anche la critica e i giocatori, che avevano apprezzato il capitolo e cosi anche il nostro Angelo. C’erano però alcuni difetti in quel capitolo e questi sono stati parzialmente limati con Assassin’s Creed Odyssey, il titolo che probabilmente ricorderemo per anni a seguire come il successore di quel leggendario secondo capitolo. Il capitolo ci trasporta direttamente nella Grecia Antica e ci permette di scoprire le origini di tutto il mondo dei giochi successivi. Dopo aver passato tantissime ore a combattere e viaggiare vorrei condividere con voi tutto il mio viaggio e quindi il resoconto.

Assassin's Creed Odyssey
Un bel tramonto, il mare calmo, l’estate. Manca solo un boccale di vino.

L’inizio di tutto

Con l’andare avanti degli anni, la saga di Assassin’s Creed è cresciuto nella sua ampiezza narrativa, andando a coprire tutto il globo terrestre con le storie degli assassini e templari. Probabilmente per questo qualcuno ha spesso detto che è inutile sviluppare un gioco ambientato in un’epoca cosi remota come l’antica Grecia. Per qualcuno invece dovrebbe chiamarsi solo Odyssey in quanto è slegato dalla storia, ma è cosi? Ovviamente no e quelle persone sono in errore. Sarebbe come togliere a Metal Gear Solid 3 Snake Eater la prima parte del nome perché non c’è alcun Metal Gear, ma lo Shagohod. Si tratta di un Assassin’s Creed vero e proprio e ci narra le origini dei nemici per eccellenza, i templari. Qui non si chiamano ancora cosi, come sicuramente saprete, ma il Culto del Cosmos.

Vorrei raccontarvi la trama per filo e per segno, segnando i vari passaggi che intercedono tra un filmato e l’altro. Sono però conscio che probabilmente si tratta del miglior modo per uccidere quello che è il fascino della scoperta e dell’avventura, che personalmente ho ritrovato in questo gioco dopo alcuni anni piuttosto piatti. La storia in ogni caso segue le vicende del Nipote di Leonida, il famoso condottiero spartano divenuto famoso nel mondo odierno per il graphic novel 300 di Frank Miller e successivamente l’omonimo film diretto da Zack Snyder. Nonostante nipoti del grande Leonida, verremo comunque buttati giù dal monte per aver cercato di salvare la nostra sorella (o fratello, a seconda della nostra scelta del sesso). Ci ritroveremo a vivere gli eventi del nostro passato tramite alcuni flashback, mentre impersoneremo un protagonista già adulto che abita nell’isola chiamata Cefalonia e di professione fa il misthios, che nonostante l’imponenza della parola, altri non è che un semplice mercenario. Qui inizia un’avventura che lo condurrà a incontrare Nicolao, l’uomo che l’aveva cresciuto e buttato giù monte e successivamente proprio il Culto del Cosmos, il cui compito è quello di dominare il mondo a modo loro. Possiamo considerarli una sorta di peggiori capitalisti d’epoca.

Detto questo, partiamo con una veloce analisi di ciò che avremo nel gioco. I testi scritti dai ragazzi di Ubisoft sono sicuramente migliori rispetto a tanti altri giochi, ma è anche vero che non brillano di quella potenza che mi sarei aspettato di vedere. Si denota una voglia di marcare il lato caratteriale del protagonista, che risulterà impetuoso e arrogante, come tanti giovani e si tratta ovviamente un punto a favore del gioco. Dall’altro canto, avremo quasi sempre dei dialoghi che sembrano usciti da un film per adolescenti e ogni spartano sembrerà più un pacioccoso orsetto gommoso piuttosto che sanguinario e temerario guerriero pronto a cenare nell’Ade. Questo perseguita ogni dialogo e cosi ha fatto anche con Horizon Zero Dawn, che criticai per lo stesso medesimo motivo. Le frasi non sono contestualizzate bene visto l’ambiente che vedremo davanti a noi (la seconda guerra del Peloponneso). Altro problema è la lingua. Qualcuno ricorderà sicuramente Assassin’s Creed II in lingua inglese, ma che conteneva fin troppe parole italiano rendendo tutto insensato. Ebbene, questa volta abbiamo le parole greche. Durante le conversazioni sarà facile sentire l’unica parola in greco antico, Malaka. Questa vuol dire in poche parole: “stronzo”. Una parola che per verrà mascherata da greca forse per i giocatori più giovani, ma ha davvero un senso tutto ciò? Probabilmente no, ma non è tutto ovviamente. Passeggiando per le varie città avremo a che fare con le persone PNG, che parleranno completamente in greco, che poi si tramuterà in italiano quando parleremo con loro.

Assassin's Creed Odyssey
L’immensità del mondo di gioco.

Assassin’s Creed: Wild Hunt

Dopo una buona partenza avvenuta con Assassin’s Creed: Origins, i ragazzi di Ubisoft hanno pensato bene di continuare sulla sua scia e di sviluppare un gioco di ruolo action. Personalmente ritengo che cosi doveva nascere il gioco fin dal suo principio in quanto adesso avere una mappa ampia ha un suo senso e cosi anche il combattimento, che non si basa più sul premere un solo tasto nel momento più opportuno. Abbiamo un complesso sistema di ramificazione delle abilità a tre alberi che ovviamente dividono la tipologia delle abilità da usare. Andando avanti nelle missioni, saliremo di livello e pian piano potremo sbloccare sempre più abilità, ma attenzione, non tutte saranno utilizzabili. Ci saranno ovviamente le abilità passive che si attivano in automatico in alcuni momenti, ma praticamente tutte potranno essere inserite con una combinazione di tasti e saranno quindi contate. Dovremo scegliere l’approccio che si adatterà di più al nostro stile di gioco. Scegliendo tra le abilità di lotta o cacciatore. In questo modo sarà possibile creare il guerriero perfetto.

Il combattimento in se invece è una sorta di unione tra The Witcher e il freeflow system. Ci sarà la parata classica fatta a tempo con alcune acrobazie da fare, ma allo stesso tempo potremo anche fare qualcosa di diverso come ad esempio utilizzare delle tecniche simili a quelle di Geralt per roteare dietro il nemico e colpirlo come si deve. Gli attacchi poi cambieranno in base alla tipologia d’arma che si utilizza e anche qua bisogna dire che in realtà questo cambiamento si basa sul proprio stile di combattimento. Ogni cosa è basata sulla nostra scelta e il nostro desiderio di combattere. Durante le nostre scampagnate per la Grecia avremo a che fare con le diverse regioni di gioco, che inizialmente saranno governate dagli ateniesi e che potremo indebolire e attaccare insieme all’esercito spartano. Volendo potremo anche cercare di difenderle ed è nettamente più semplice questo compito.

Le missioni invece hanno invece qualcosa che mi ha affascinato fin dal principio: la loro differenza. Spesso le varie software house hanno professato d’essersi ispirati a The Witcher per la realizzazione delle secondarie, ma praticamente sempre erano solo parole. Stavolta invece siamo davanti a un caso diverso. Senza dire niente gli sviluppatori hanno creato una tipologia di missioni che per lo meno si avvicina proprio a quelle di Geralt. Una missione secondaria può diramarsi in tante altre e creare quindi quella magia durante il gioco che difficilmente si scorda.

Come sapete, con questo capitolo tornano le battaglie navali. Queste non solo sono tornate, ma sono anche parecchio interessanti. La nave che taglia le onde e si imbatte su quelle nemiche con un imponenza è realistica e con una certa fisica potremo decidere le frecce da scoccare insieme alle lance. Da questo punto di vista bisogna dire che essere di un livello più basso di quello dei nemici non sarà necessariamente un difetto in quanto con un po’ d’ingegno potremo far affondare tanti grossi nemici. Torna anche la possibilità di usare un uccello per poter visionare e segnare i nemici nell’area. Si tratta di un modo ottimo per riuscire a fare alcuni obbiettivi senza far scattare di continuo l’allarme.

Assassin's Creed Odyssey
Si rema verso l’avventura.

L’antica Grecia

L’occhio vuole la sua parte, questa è una legge che vale per quasi tutti i videogiochi di questa generazione. Viaggiare per il mondo greco è un’emozione, questo va detto, ma togliamoci subito i denti marci parlando di quelli che possono essere considerati dei difetti. Le espressioni facciali dei personaggi lasciano davvero a desiderare ed esprimono praticamente solo la rabbia e la risata. Tutte le espressioni si riducono a queste due e ovviamente l’intero gioco ne risente parecchio. Si tratta di un difetto comune per i titolo open world di tale grandezza, ma va comunque specificato. Per il resto la parte grafica a tratti risulta essere sbalorditiva. Questo effetto risulta essere ancora più grande quando si prende la nave e si naviga il mare. Le onde cambiano in base alla profondità delle acque e in base alle condizioni atmosferiche. Ritrovarsi con le onde alte quanto la nostra nave con il sole che taglia lo schermo in due e i delfini che si divertono tra le onde è sicuramente un vero e proprio spasso, sopratutto quando i delfini o le maestose balene (e i capodogli), ci accompagnano durante le nostre scampagnate.

Il mondo di gioco, nonostante una ricostruzione che a volte si fatica a ritrovare nella realtà è comunque interessante, ma sopratutto tutta la mappa è pulsante di vita. I personaggi sulla mappa sembra qualcosa di più rispetto ai classici nemici che incontriamo nei svariati titoli open world, si sente una cura fatta per ogni singolo dettaglio, anche se il realismo fa perdersi un po’.

Al livello musicale invece abbiamo a che fare con un titolo che nella sua pienezza immerge il giocatore in questo mondo Greco cosi vivo e magico. Alcuni brani ci riporteranno in mente quel secondo glorioso capitolo ambientato in Italia, mentre altri al freddo e desolato mondo di The Witcher. In realtà ogni musica rispecchia i suoni del luogo in cui ci troveremo nel gioco. Al livello del doppiaggio invece avremo a che fare con una buona qualità, ma non eccellente. Si poteva sicuramente osare di più, ma in ogni caso le voci sono convincenti abbastanza da godersi i filmati come se fosse un film.

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Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".