Bloodshot Salvation #2: Il Libro dei Morti – Recensione

Bloodshot Salvation #2: Il Libro dei Morti
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Lo sceneggiatore Jeff Lemire ha descritto nel corso del tempo un Bloodshot diverso da quello che avevamo visto nel passato. Certo, rimaneva un assassino letale con delle nanomacchine, ma ora più che mai aveva dalla sua anche qualcosa di molto bello, il desiderio di restare umani. Dopo Reborn siamo finalmente arrivati alla saga Salvation, che è iniziata con la nascita della figlia di Ray e con la descrizione di due linee temporali diverse. Vi consiglio ovviamente di leggere la mia recensione del primo numero di Salvation per farvi un’idea, ma intanto con il secondo numero ci immergiamo finalmente nei motivi che hanno portato il protagonista nel futuro.

Come sapete, Bloodshot ha attualmente i naniti disattivati ed è solo grazie a NinjaK che è sopravvissuto alla cricca del vecchio pedofilo. Intanto è nata sua figlia e il padre è lontano a lottare contro i nemici non suoi. Il problema principale è che la bimba nonostante tutto ha i naniti nel corpo e questi la stanno lentamente uccidendo. Il tempo è poco e Magic è più arrabbiata che mai, ma un modo per tentare di salvarla c’è e consiste nel contattare Shadowman. Questi trasporterà Bloodshot direttamente nel mondo dei morti, dove dovrà cercare qualcuno in particolare in modo da contrattare e salvare la piccola. Ma si tratta di un viaggio pericoloso e l’unico compagno dell’omone bianco sarà ovviamente il suo fedele cane.

Con Il Libro dei Morti l’autore canadese Jeff Lemire ha continuato a costruire un palazzo solido, con delle fondamenta davvero imponenti. Il personaggio è ormai qualcosa che gli appartiene e ci gioca come un bravo burattinaio. Stavolta abbiamo alcune parti parecchio interessante dal punto di vista di costruzione narrativa e grafica. In un momento Ray rimane privo di vista e vedere delle pagine totalmente nere è spiazzante, ma rende bene l’idea della difficoltà di non poter vedere niente. Il protagonista ha a che fare con delle forze più grandi di lui, ma non gli importa di niente perché è un padre e questo cambia la prospettiva della vita di un uomo e di una donna. I dialoghi ovviamente sono maturi quanto basta e si apprezzano senza grosse difficoltà.

La parte grafica è stata affidata a Renato Guedes e lo stesso Lemire, che dalla sua usa uno stile realistico ed espressivo, ma forse un po’ troppo statico e plastico. La bellezza dei volti precisi, definiti e ricreati viene intensificato da dei fondali ricreati in un modo certosino quasi come se fosse un quadro. Anche i demoni che si trovano nel mondo dei morti fanno paura e schifo, ma purtroppo manca l’azione in senso lato. Tutte le scene concitate hanno una plasticità tipica dei quadri e in effetti alla fine ogni vignetta è come un piccolo, ma grande quadro. Una grande valorizzazione viene poi data dai colori opachi, quasi come dei pastelli, che creano quello che è il secondo volume della saga Salvation di Bloodshot edito da Star Comics sotto il marchio Valiant.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".