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Stiamo giungendo verso la vine del percorso del buon Jeff Lemire nella sua avventura con Bloodshot e un po’ mi dispiace, ma sono sempre più curioso di dove ci condurrà il canadese con la sua penna. Nei primi due numeri di Salvation vi ho parlato dei nuovi problemi nella vita del protagonista e del suo viaggio nel futuro, ma ecco che siamo finalmente giunti al Libro delle Rivelazioni. Questo chiude un piccolo cerchio, aprendo la porta verso il prossimo ciclo e non solo, ma ne parlerò meglio nell’ultimo paragrafo.
Tutto l’albo è diviso in due parti, ma a questo siamo già abituati. Parliamo quasi di due storie parallele quindi, che poi si congiungono. Da una parte abbiamo Bloodshot e Bloodhood che nel futuro remoto devono uccidere un bersaglio importantissimo, mentre nel presente Magic, la figlia e il team del Bloodshot cerca di contenere la minaccia dell’organizzazione Omen. Da una parte abbiamo quindi una lotta sfrenata, mentre dall’altra la consapevolezza di quel che si è e di cosa vuol dire essere un padre ed essere disposti a tutto pur di salvare la cosa più preziosa del mondo. Ed è proprio nel futuro che incontriamo anche il secondo Bloodshot, con l’inizio di un altro ciclo che scopriremo nel numero 4 probabilmente.
Jeff Lemire lavorando su Bloodshot ha cercato dal primo istante di sperimentare in ogni modo il suo personaggio e di darci qualcosa di diverso dalle precedenti run con altri autori. Anche stavolta si continua nella direzione dell’umanizzazione parziale di un personaggio che è diventato padre, ma che forse proprio per questo non ragiona come si dovrebbe. Intanto è doveroso dire che riprendere l’one shot 4001 D.C. è stata una scelta giusta, ma che sopratutto collega alcuni tasselli nel mondo Valiant e che ne cuce le vesti. I testi sono ovviamente digeribili e proseguono in modo spedito verso la fine, mentre la storia si fa sempre più complessa e architettonicamente elaborata.
I testi di Lemire sono coadiuvati dalle matite di Doug Braithwaite, che sfrutta il proprio tratto preciso per delineare tutti i confini di gioco. I personaggi sono precisamente disegnati secondo un rigoroso schema che punta sulla classicità, ma dando parecchio movimento alle scene più concitanti. D’altro canto abbiamo Juan Josè Ryp che mette in piedi un prologo parecchio interessante, sopratutto per un totale cambio di stile. Abbiamo in fondo un personaggio sempre uguale, ma che grazie al tratto più sperimentale acquista delle nuove sembianze.