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Ricordo che a Praga andai in un piccolo Jazz Bar ad ascoltare la musica live e a godermi una fugace cena parlando con alcuni amici conosciuti sul posto. Da amante della musica jazz e del blues, l’esperienza è stata veramente di grande spessore, ma Praga è una città in cui la musica Jazz la si respirà in ogni angolo della città. Alcuni momenti di Blue Giant mi hanno in un certo senso trasportato tra le mura di quel locale, con un gruppo che suonava come se il domani non dovesse arrivare.
Dopo una lunghissima latitanza, su Netflix è uscito il film d’animazione Blue Giant, tratto dall’omonimo manga firmato da Shinichi Ishizuka (Gaku). Alla regia troviamo Yuzuru Tachikawa, mentre l’adattamento è formato da Nut studio. Da notare le musiche arrangiate da Hiromi Uehara, che da anni dimostra la sua bravura nel panorama giapponese e non solo.
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Quest film è come una lettera d’amore. Una dichiarazione a un genere musicale che ormai è relegato a una cerchia più ristretta di ascoltatori, ma comunque capace di parlare anche al grande pubblico.
La storia in particolare ha come protagonista il giovane Dai, che da autodidatta si allena ogni giorno, in ogni momento con il suo sassofono. Sa che deve coronare il suo sogno del diventare il più grande suonatore jazz del mondo e sa di potercela fare. Questa sua convinzione lo porta a spostarsi nell’immensa Tokyo, dove si trasferisce dal suo amico d’infanzia, Shunji Tamada. Proprio in questa megalopoli, il giovane Dai, trova colui che lo porterà a suonare ovunque, Yukinori Sawabe.
Ciò che colpisce fin dall’inizio di Blue Giant è sì l’amore per il Jazz – con quell’Impressions di Coltrane-, ma anche l’estrema dedizione. Una dedicazione che sfocia nel fanatismo più puro. Quello che da sempre caratterizza i grandi del mondo della musica e dello sport. Proprio come Duke Ellington, Miles Davis, John Coltrane e i più grandi, il fanatismo risulta essenziale per la realizzazione degli obbiettivi. Una sorta di Mamba Mentality di Kobe Bryant, che si allenava sempre, a qualsiasi ora del giorno. Secondo queste persone, per eccellere bisognava dare tutto alla propria passione. Perché solo così ci si eleva e si migliora. Dai è proprio così. Lui non segue le regole prestabilite, ma come i più grandi, suona a orecchio. Impara e sperimenta, con il caldo, con il freddo e con la pioggia.
Le sonorità Jazz a tratti colpiscono in positivo, facendo sussultare un amante del genere. Altre volte la musica appare come leggermente sottotono, ma ci sta ai fini narrativi. Certamente, come in altre opere come Whiplash, bisogna sempre prendere per buono quanto si vede sullo schermo, senza porsi troppe domande.
Blue Giant riesce comunque a travolgere lo spettatore in particolar modo durante alcune precise esecuzioni. Suoni veloci, violenti, delicati, lenti, suoni armoniosi e una continua cacofonia. Alcuni brani riescono a far vivere un momento di pura estasi, ma ammetto che l’effetto è dovuto anche alle immagini sullo schermo.
Le animazioni affidate allo studio Nut godono di un’eccellente pulizia e delicatezza nella costruzione di un mondo reale. Vedere la riproduzione esatta del Blue Note a Tokyo riempie di gioia il cuore di un appassionato e così anche i piccoli dettagli dei vari strumenti. Purtroppo la parte debole risiede nella ricostruzione delle esibizioni dei tre protagonisti. La CGI in quei casi è fin troppo evidente e stride fortemente con il resto. Come due strumenti musicali che tentano di suonare insieme, ma con un risultato poco piacevole.
D’altra parte invece ci sono le scene esplosive degli assoli. Momenti di pura follia creativa in cui l’animo dei protagonisti esplode senza preavviso. Il tratto diventa veloce, violento, spigoloso e poi acquista delle tonalità calde e rotonde. Una supernova che esplode a pochi centimetri.
Blue Giant è un’opera d’animazione che riesce senza alcun problema a coinvolgere lo spettatore grazie a una storia interessante e ben strutturata. E magari, qualcuno inizierà ad apprezzare questo genere musicale proprio grazie a Blue Giant.