Broken Sword – Il Segreto dei Templari: Reforged – Recensione PS5

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Anni 90, il mondo dei videogiochi è in piena epoca d’oro delle avventure grafiche.
Un genere responsabile di forti emicranie che ha saputo dare un volto alle avventure testuali e ha regalato decine di notti insonni a coraggiosi videogiocatori.
Internet è una realtà ancora lontana e gli unici modi per riuscire a scoprire la soluzione degli spietati rompicapo partoriti da menti al limite della follia (mai perdonerò la “chiave inglese” di Monkey Island 2) sono il passaparola o le riviste in edicola.

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Nel mercato dominato da Lucasfilm Games e Sierra Games, altre piccole realtà hanno cercato di cavalcare l’onda e di ritagliarsi il loro spazietto. 
Tra le tante, Revolution Software riuscì nell’intento con la fortunata serie Broken Sword e con il primo capitolo del 1996 che viene oggi riproposto in una versione ripulita ed attualizzata.

Un tranquillo soggiorno a Parigi

Protagonista dell’avventura è George Stobbart, turista statunitense in visita nella capitale francese che, durante una tranquilla sosta ad un tipico Caffè, si ritrova (suo malgrado) coinvolto in un efferato delitto.
Il colpevole si rivela essere un clown che, dopo aver derubato di una ventiquattrore un altro avventore del locale, lo distrugge utilizzando una bomba abilmente mimetizzata in una fisarmonica.

L’attentato lascia fortunatamente illeso lo sconcertato George e la cameriera del Caffè, ma la stessa sorte non tocca al derubato.

Interrogato sul posto dalla polizia, decide di indagare per conto proprio per scoprire l’identità del clown e si imbatte nell’affascinante fotoreporter parigina Nicole Collard.
Grazie al suo aiuto, dapprima marginale e poi sempre più prezioso, il nostro eroe si troverà a viaggiare in vari luoghi della città e ad incontrare peculiari personaggi, scoprendo di essere rimasto invischiato in faccende molto più grandi di lui. Questo viaggio li porterà in un viaggio attraverso l’Europa ed il Medioriente sulle tracce dell’antico e misterioso ordine dei Templari.

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30 anni di punta e clicca

La versione “Reforged” di Broken Sword è sostanzialmente una riedizione 1 a 1 del primo storico capitolo, diversamente dalla versione Director’s Cut del 2009 che aveva introdotto alcune modifiche nella storia e la possibilità di giocare anche nei panni di Nicole.

Il controllo qui sarà esclusivamente su George e, tramite l’interazione del puntatore mosso dal giocatore sulle schermate, ci si potrà muovere, esaminare punti di interesse e raccogliere oggetti, oltre che ad attivare dialoghi con gli abitanti di Parigi e delle altre località.

I cardini dell’esplorazione saranno sostanzialmente due: in primo luogo i dialoghi, fondamentali per scoprire le varie sfaccettature della storia e per aprire nuove aree e, in secondo, la risoluzione degli enigmi.

Le conversazioni sono ricche di battute e giochi di parole in grado di strappare ben più di un semplice sorriso e che stemperano le situazioni, rendendo i lunghi scambi tra i personaggi più leggeri e godibili.

Trovarsi bloccati davanti ad una porta chiusa o girovagare senza metà può essere frustrante ma un aiuto inaspettato può tranquillamente arrivare chiedendo un parere riguardo uno degli oggetti in nostro possesso ad un altro personaggio, a volte insospettabile.

Gli enigmi non sono mai banali e richiedono spesso di pensare fuori dagli schemi. 
Oltre alla classica combinazione e interazione di oggetti con l’ambiente, in Broken Sword erano e sono tuttora presenti situazioni in cui una certa dose di tempismo è fondamentale. Un pensiero rivoluzionario per l’epoca e causa di innumerevoli e poco lusinghiere invocazioni a figure divine.

Piccola chicca: il famigerato enigma della Capra è ovviamente presente e la sua risoluzione vi ricompenserà con un apposito trofeo/achievement con una più che appropriata descrizione.

Per i non avvezzi al genere, sono stati introdotti due importanti elementi in soccorso del giocatore.

Il primo è rappresentato dalla possibilità di affrontare l’avventura in una versione “Storia” dove oggetti e opzioni non più utili vengono rimosse e ci sono degli aiuti automatici per proseguire senza frustrazione.

Il secondo elemento, presente nella modalità classica, è un intelligente sistema di suggerimenti da attivare al bisogno che non darà subito la soluzione ad un enigma ma, tramite alcuni indizi, vi farà arrivare naturalmente a capire come superare un certo ostacolo. A rendere il tutto più ingegnoso è il fatto che questi indizi potranno essere ricevuti solo ogni tot minuti, lasciando il tempo necessario per pensare.

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Addio a Pixel e MIDI

Quello che si nota immediatamente è l’ottimo lavoro fatto a livello grafico.
Tutto è stato completamente ricostruito e attualizzato agli standard odierni, con modelli dei personaggi chiari che si muovono ed interagiscono fluidamente all’interno di schermate incredibilmente definite e ricche di dettagli. 
Ad ogni nuova area ci si perderà a scrutarne ogni angolo alla ricerca di punti di interesse ma soprattutto di quei dettagli che la rendono più simile ad un quadro che ad una schermata di gioco.
Uno stile che porta naturalmente l’occhio del giocatore ad intuire dove dirigere il puntatore e George guidarlo nell’avventura o anche solo a fargli esaminare e commentare un punto di interesse.

Come nelle versioni rimasterizzate di Monkey Island, anche qui è possibile passare in ogni momento dalla nuova alla grafica originale e che ancora oggi risulta incredibile, soprattutto durante le scene di intermezzo.

A livello sonoro, in questa nuova edizione, così come nell’originale, è presente la traduzione completa di tutte le linee di testo ed un doppiaggio completo in diverse lingue.
Purtroppo, l’enorme lavoro sul lato grafico non si rispecchia del tutto in quello sonoro.
Il doppiaggio originale è stato recuperato ma non è stato sistemato a dovere.
L’equalizzazione del parlato non è dei migliori e stride con quello che appare a schermo, risultando quasi come una parte non completata del lavoro e, per un titolo così ricco di dialoghi e commenti, è un errore decisamente grossolano.
Un lavoro che non avrebbe richiesto un grandissimo impegno se paragonato a quello grafico.

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Sull'autore

Mirko Ballarino