Brothers A Tale of Two Sons Remake – Recensione

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È evidente che l’industria videoludica sia attualmente immersa nell’epoca dei rifacimenti, sia che li desideriamo o meno. Dopo aver visto il successo di diverse aziende nel reinventare titoli del passato, gli sviluppatori si stanno affrettando ad arruolarsi nella tendenza dei remake per sfruttare al massimo la nostalgia del pubblico. Recentemente abbiamo assistito al ritorno sul palcoscenico di giochi con appena dieci anni sulle spalle (come The Last of Us Part 1), opere tanto desiderate dai fan per un rinnovamento (come Final Fantasy VII) e produzioni che si collocano in qualche punto intermedio (Dead Space).

È importante distinguere i remake dai remaster, poiché quest’ultimi si limitano a un aggiornamento grafico senza apportare altre modifiche sostanziali. Spesso i risultati sono altalenanti, come dimostrano certe “trilogie rimasterizzate” e le più recenti versioni di Tomb Raider. Potremmo discutere sull’efficacia di un remake nel portare vecchi giochi ad una nuova generazione di giocatori, ma senza dubbio è un’opportunità per correggere difetti dell’originale, ampliare una storia o addirittura trasformare un gioiello della PS1 in una trilogia da PS5 con protagonista un eroe dallo spadone mastodontico. È davvero necessario che Isaac sia stato doppiato integralmente a bordo dell’Ishimura? Non proprio, ma indubbiamente ha arricchito l’esperienza narrativa. Le avventure di Leon a Raccoon City traggono beneficio da un nuovo motore di gioco? Assolutamente sì. C’erano richieste insistenti da parte dei fan? No, ma l’entusiasmo generato dal rilascio dice il contrario.

Ed è così che arriviamo al remake di Brothers: A Tale of Two Sons, un titolo che fa il suo debutto sulle console di nuova generazione. Vale la pena precisare fin dall’inizio che l’originale è stato uno dei miei giochi preferiti al momento del lancio nel 2013. Creato dal regista Josef Fares (noto per opere come A Way Out e It Takes Two), Brothers rappresentava il suo primo approccio alla regia videoludica ed era una vera gemma. Tuttavia, poiché il gioco originale è ancora giocabile tramite retrocompatibilità, il remake sembra fuori luogo: soprattutto perché, a parte l’aggiornamento grafico, presenta poche novità rispetto all’originale. Sembrerebbe più un rimaster travestito da remake, e questo, purtroppo, fa perdere un’opportunità che il materiale d’origine meriterebbe.

Al cuore del gioco c’è un’esperienza unica di “coop in solitario”. Il giocatore assume il controllo di due fratelli, Naia e il suo fratellino Naiee, impegnati in una missione per trovare la medicina necessaria per il loro padre malato. Ogni fratello viene controllato contemporaneamente, con uno stick analogico e un pulsante di spinta, il che richiede una buona dose di coordinazione e intelligenza spaziale. Il tutorial introduce il giocatore al villaggio di origine, consentendo interazioni con gli abitanti locali e familiarizzando con il sistema di controllo. Naia, il fratello maggiore, è la guida principale, sempre orientato verso il futuro e indicando letteralmente la direzione da seguire. Naiee, il fratellino, è invece il più scanzonato, saltellando sui tetti, schizzando acqua in faccia alla gente e facendo baldoria a spese degli anziani del villaggio.

Tuttavia, il viaggio intrapreso dai due fratelli è un’esperienza di crescita e scoperta, arricchita dalle loro abilità complementari. Naiee, grazie al suo corpo snello, può accedere a luoghi altrimenti inaccessibili. Naia, invece, con la sua forza, è in grado di sollevare il fratello su dirupi, azionare leve pesanti e attraversare acque pericolose portando con sé Naiee. Durante il percorso, i due incontreranno nemici che potrebbero rivelarsi amici e situazioni pericolose, come l’aggirarsi di un cane feroce o il minaccioso branco di lupi.

Gli scenari che attraverserai sono stati magistralmente ricreati per le console di nuova generazione, spaziando da cime innevate a campi di battaglia disseminati di cadaveri giganti. Tuttavia, c’è da fare una considerazione riguardo al miglioramento dei modelli dei personaggi. Sebbene il remake consenta espressioni facciali più realistiche, alcuni giocatori potrebbero sentire la mancanza del fascino leggermente cartoonesco del gioco originale. Anche i colori appaiono più tenui in certe zone rispetto alla vivacità della versione originale.

Per quanto riguarda i puzzle, non ci sono molte sfide complesse da superare. In pratica, devi tirare leve per spostare piattaforme o manipolare altri elementi dell’ambiente per procedere. Tuttavia, l’originalità nella rappresentazione delle sfide, come il passaggio attraverso giganti cadaveri, offre un tocco di sangue e di ironia che intrattiene il giocatore. Anche se decidi di fermarti per ammirare il paesaggio o per completare piccoli compiti secondari, come aiutare un coniglio ostracizzato ad integrarsi con la sua comunità, finirai il gioco in tre o quattro ore.

Il vero problema di questo remake sta nel fatto che lo sviluppatore, nonostante avesse l’opportunità di espandere il mondo di gioco, non ha aggiunto nuovi elementi significativi. Fondamentalmente, il risultato è un remake praticamente identico all’originale, con un aspetto più moderno ma poche novità sostanziali. La colonna sonora orchestrale, registrata da zero, è senza dubbio un punto di forza, anche se alcuni giocatori potrebbero non gradire l’utilizzo di una lingua fittizia da parte dei personaggi. Tuttavia, lo stesso critico potrebbe essere rivolto alla versione originale del 2013 e personalmente

Sull'autore

Ginevra De Majo

Appassionata di serie tv e film.