Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Recensione

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Spesso e volentieri, i termini “Edizione Definitiva” fanno un po’ tenerezza se non proprio ridere. Questo perché, nella maggior parte dei casi, tanto definitive poi non sono. Anzi, altrettanto spesso sono semplici conversioni, magari anche fatte frettolosamente, di titoli da una console a un’altra, senza aggiunte di nota, migliorie particolari, caratteristiche degne di essere menzionate. Non è assolutamente questo il caso di Dragon Quest XI S: Echi di un’era Perduta, la versione dell’omonimo titolo convertita per Nintendo Switch e Switch Lite.

Uscita sull’ibrida Nintendo a ben più di un anno dall’arrivo in territorio europeo del titolo originale, la conversione di Dragon Quest XI si è posta come redenzione dei piccoli grandi difetti che il prodotto Square Enix aveva sulle altre console, e come nuovo punto di partenza per moltissime aggiunte e migliorie. Scoprite insieme a noi se vale la pena acquistarlo con la nostra recensione di Dragon Quest XI S: Echi di un’era Perduta.

Ci sono i doggos, cosa volete di più dalla vita?

Bello è sempre bello eh…

Di Dragon Quest XI abbiamo già parlato esaustivamente con una recensione uscita ai tempi della vecchia versione, quindi non ci dilungheremo negli aspetti base come la trama o il sistema di combattimento, rimasti pressoché invariati. Una piccola aggiunta alla parte sceneggiativa c’è però stata in questa Edizione Definitiva. Come abbiamo già detto nel vecchio articolo, la base della trama di ogni singolo Dragon Quest è quanto di più banale e stereotipato possa esistere: la lotta fra il bene e il male.

Ciò che ne innalza il livello è inevitabilmente la stesura e la caratterizzazione dei personaggi, che in questa edizione vengono ulteriormente sviluppati nella seconda parte di gioco, con missioni secondarie in cui potremo impersonarli, con comprimari d’eccezione. Un’aggiunta sicuramente gradita, volta a sviscerare ancor più i già ben caratterizzati compagni dell’Eroe, da Erik, a Veronica, Serena, Jade e compagnia bella.

Tantissimi costumi utilizzabili e sbloccabili in game

Il gameplay è invece rimasto pressochè identico, se non per qualche aggiunta nelle opzioni iniziali per rendere il gioco un pochino più ostico. Anche perché, diciamocelo, tranne che per qualche boss particolarmente duro, Dragon Quest XI è un titolo fin troppo facile e accomodante anche senza dover grindare poi così tanto. O anche per niente.

Altra piccola aggiunta alla versione Nintendo Switch è il Fischietto Equino, ottenibile abbastanza presto nel gioco, e che vi permetterà di richiamare le vostre cavalcature in qualsiasi punto della mappa di Erdera. Una facilitazione piuttosto importante nell’esplorazione delle varie mappe di gioco, rispetto alla versione originale in cui era possibile avere la stessa opportunità solo attraverso le varie campane sparse per il mondo.

Coloratissimo e personalizzabilissimo

Altra aggiunta e facilitazione è il poter richiamare la Forgia per il crafting in qualsiasi momento, aprendo il menu e selezionandola. Precedentemente, era possibile utilizzare questo comodo oggetto per creare armi, armature e accessori solo ed esclusivamente riposando a un accampamento. Sebbene la scelta estetica sia piuttosto discutibile, in quanto vi ritroverete teletrasportati in una sorta di dimensione parallela oscura e opaca, la comodità è indubbia e potrete portare a termine svariate missioni secondarie senza nemmeno spostarvi di un centimetro.

Parlando di missioni secondarie, oltre alle già citate che approfondiscono i comprimari, è stata aggiunta un’intera sezione con protagonisti i Tempirei, i piccoli spiritelli che nella versione originale non avevano un effettivo compito e che erano semplicemente parte della lore del mondo. In Dragon Quest XI S: Echi di un’era Perduta, questi esserini diventano di estrema importanza per l’introduzione della feature sicuramente più pubblicizzata dell’Edizione Definitiva, la Modalità 2D.

Un 2D dal sapore amarognolo

Nella strada che conduce da Kaldoh a Galoppoli, incotrerete obbligatoriamente un Tempireo che vi porterà ad Archonia, la prima città che potremo visitare interamente in due dimensioni. Qui ci verrà spiegata la delicata situazione in cui si trova la cittadina: il cattivone di turno ha strappato le pagine dei libri che raccontano la storia del mondo, rischiando di portarlo alla rovina per la cancellazione degli eventi originali, che possono dunque cambiare. Nostro compito sarà girare per il nostro, di mondo, per trovare i vari Tempirei mandati alla ricerca delle Passat-parole, che ci permetteranno di entrare nei libri e riscrivere la storia esattamente come deve essere.

Grafica 2D esteticamente carina…

Una tranche di missioni secondarie interamente dedicate ai nostalgici, considerando che gli eventi narrati nei vari libri saranno basati sulle storie dei vecchi Dragon Quest, con riferimenti precisi a personaggi e situazioni. Non vogliamo dirvi altro per non rovinarvi la sorpresa!

Da qui in poi potrete quindi girare per Erdera in 2D, anche se ci saremmo aspettati un’implementazione migliore. Tramite le statue della Dea potrete selezionare questa opzione, ma dovrete ricominciare da capo la parte di trama appena iniziata. Inoltre, esteticamente parlando la modalità in due dimensioni è sicuramente carina ed evocativa, ma molto scarna per quel che riguarda animazioni ed effetti. Non si capirà minimamente quale dei vari personaggi è, ad esempio, Pimpante, o affetto da status alterati. Bene, ma non benissimo insomma.

… Ma poco funzionale.

Tecnicamente parlando, Dragon Quest XI S: Echi di un’era Perduta è un piccolo miracolo per la console ibrida di Nintendo. Su Switch, infatti, non abbiamo notato nessun tipo di calo di frame rate, nessuna incertezza. C’è stato un evidente downgrade grafico, specialmente per quel che riguarda la console in portatile, visivamente meno nitida. Manca forse qualche ombra e qualche effetto particellare presente nella vecchia controparte. Niente che vada ad inficiare il godimento generale del titolo, che esteticamente rimane coloratissimo e gradevolissimo anche in portatile.

Ultima, ma non per importanza, merita una menzione la colonna sonora, uno dei difetti principali della versione per PlayStation 4. Ripetitiva e mediocre, come disse un grande saggio “è come giocare a Final Fantasy X e ascoltare To Zanarkand durante una partita di Blitzball”. In questa versione definitiva è stata rimaneggiata ed è passata ad essere orchestrale e più completa. Alcune tracce comunque si sentono un po’ troppo spesso, ma la qualità è nettamente aumentata, così come la varietà. Un elogio va anche fatto al lavoro di ridoppiaggio del titolo: se nell’originale era disponibile solamente quello inglese, in questa edizione definitiva è stato introdotto anche quello giapponese.

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Redazione