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Dopo il mio articolo su Dylan Dog e il praticamente inutile ciclo della meteora non ero sicuro di niente riguardante il personaggio, ma è un reboot questo e il desiderio di vederne il continuo è tanto ovviamente. Ora finalmente il numero 401 è uscito in tutte le fumetterie ed edicole italiane e si fa notare grazie alla copertina metallizzata e l’ottimo disegno del solito Gigi Cavenago. La lettura era in effetti quel che mi aspettavo da un lato, mentre dall’altra, nonostante tutto, mi ha lasciato con dell’amaro in bocca. Nulla di tragico ovviamente e in realtà il volume ha anche rispettato le mie aspettative della nuova partenza. Perché “L’alba Nera” è proprio una partenza del tutto nuova per il personaggio e per il suo oscuro mondo, che viene stravolto, ma allo stesso tempo, lasciato cosi com’è.
Va detto che il reboot è qualcosa che ci capita di vedere delle volte nel mondo del fumetto, del cinema e del videogioco. Pensiamo un attimo a New 52, il reboot DC che non avrà avuto una fortuna incredibile, ma ha permesso alla nascita di nuove timeline, nuovi personaggi e nuove saghe (Doomsday Clock ad esempio). Tomb Raider ha avuto il suo reboot e per fortuna direi, visto che la vecchia Lara aveva un po’ stancato, sopratutto vista la presenza di un Nathan Drake che si muoveva molto meglio di lei. Insomma, il reboot è una normalità che serve per dare un po’ di freschezza e di aria nuova, ma spesso capita anche che le prime storie soffrano di una certa staticità narrativa che non piace a tutti. Questo capita nel fumetto statunitense anche senza i reboot e lo stiamo vedendo ora con il post King in Batman.
Questa prima storia nel numero 401 ricostruisce gli eventi narrati nel primo numero della serie e ciò lo sapevamo anche prima, ma si tratta di una buona idea? Probabilmente ognuno darà la sua risposta, ma a mio avviso si tratta di un bel modo di raccontarci nuovamente qualcosa di visto, ma in modo diverso. Come se questa fosse la Terra-2 e gli eventi fossero leggermente diversi da quelli che siamo abituati a vedere.
La storia in questo caso riprende quella che è la vicenda dell’Alba dei morti viventi in quasi ogni suo punto. Sybil continua a essere una donna magnetica e affascinante che sposa un uomo che non ama per davvero e alla fine scopre che lui è infetto e pronto a tornare in vita dopo la sua dipartita. Lo scopre a sue spese ovviamente e sarà Dylan ad occuparsi del caso. Questo Dylan è però completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere. L’uomo è più deciso e anche più spiccato, ma anche l’aspetto fisico ha subito un cambiamento. Ora l’indagatore porta una barba che personalmente apprezzo molto, un vestito nuovo di zecca e ovviamente il nuovo assistente, Gnaghi. Si tratta di un personaggio che abbiamo già visto in passato, ma che finalmente entra nel pantheon ufficiale, anche se è difficile dire se lui continuerà la sua corsa in questa serie o meno. Ci sono altre novità, ma vi lascio il piacere di scoprirle senza spoilerare troppo.
Roberto Recchioni e Sergio Bonelli Editore hanno avuto un bel coraggio nel fare questo reboot e questo è apprezzabile. Per ora è troppo presto per dire se sia o no un buon reboot e se questa versione di DD funziona. Suppongo che inizialmente bisognerà attendere la fine del primissimo arco narrativo per scoprirne di più, ma a questo punto la mia speranza è anche quella di vedere una coppia di autori per ciclo per dare una continuity vera. Gettare una coppia diversa a ogni numero non fa bene a questo progetto e non crea nemmeno una solida catena di eventi. Insomma, se vogliamo copiare la produzione USA, facciamolo bene almeno. Comunque Roberto scrive una storia interessante prendendo in esempio la prima storia di Dylan e funziona quasi tutti, tranne alcuni punti più lenti e pieni di spiegoni e le troppe citazioni.
Corrado Roi dal canto suo si diverte con il suo solito stile votato alla precisione e il tratto sottile. Il problema è che nonostante adori Roi, questa è una storia che andava disegnata in modo più carnale e movimentato, sopratutto in quelle scene in cui i morti iniziano ad attaccare. In quei momenti la staticità la fa da padrona e dispiace non poco. Dall’altro canto, Dylan non è mai stato cosi figo come questa volta dal lato estetico. Insomma, questo primo numero è un buon numero, ma non ottimo.