Questo sito contiene diversi annunci Amazon. A ogni vostro acquisto riceviamo una piccola commissione.
Tempo fa, giocando a Fallout 3 riflettevo su quanto sarebbe bello giocare in compagnia. La solitudine dei giochi di ruolo mi piace ovviamente, ma poter prendere un amico e attraversare insieme tutta la Zona Contaminata sarebbe impagabile. Un’avventura emozionante in questo modo potrebbe diventare qualcosa di memorabile ed è in fondo uno dei motivi (uno dei mille) per cui Borderlands è riuscito a far breccia nel cuore di tutti i fan. Non è strano quindi se dopo l’annuncio di Fallout 76 decisi di piangere di gioia prima di andare in un ristorante a mangiare. Il sogno si stava per avverare e Bethesda mi avrebbe permesso di giocare a una delle mie saghe preferite in compagnia di alcuni amici. Ho fantasticato per mesi, ma allo stesso tempo ho temuto un po’ un gioco non all’altezza delle mie aspettative. Queste hanno infatti la capacità di rovinare qualsiasi cosa in qualsiasi ambito. L’aspettativa è il nostro peggiore nemico.
Fatto sta che prima di provare la B.E.T.A. ero titubante, ma con molte speranze e poche certezze. Successivamente qualcosa si era mosso dentro di me, ma è solo dopo l’uscita del gioco e dopo tantissime ore di gioco che ho potuto appurare una cosa. Fallout 76 non è il titolo dei miei sogni. Nemmeno lontanamente a dire il vero e dirlo mi dispiace. Non è nemmeno un titolo che merita lo 0 o 1 come voto solo per la rabbia, ma non è il gioco che allo stato attuale potrebbe competere con la concorrenza e con le aspettative. Potrebbe però, volendo, diventare qualcosa di più grande e migliorato, ma di questo parlerò in uno dei paragrafi della mia recensione.
Il silenzio degli innocenti
Come sapete, in Fallout 76 non avremo alcun NPC durante la nostra partita e tutte le quest ci verranno date con gli olonastri, gli appunti e i robot. Questo serve ovviamente solo da precisazione immediata, anche se conoscete già questa caratteristica del gioco.
Ci sveglieremo nel Vault 76 dopo un party molto movimentato organizzato prima della giornata della Rigenerazione. Si tratta del gioco in cui le porte del Vault vengono riaperte per permettere a tutti di uscire e iniziare a ripopolare la terra dopo la guerra nucleare. Tra l’altro ci troveremo in un mondo diverso da quello visto negli altri capitoli della serie. La vegetazione è presente e rigogliosa con tantissimi animali che popolano l’Appalachia.
Prima di uscire dal Vault potremo scoprire il motivo della nostra missione vera e propria, quella che poi farà partire la quest principale. La soprintendente del Vault tramite alcuni messaggi ci parlerà della sua missione personale e di una piccola richiesta d’aiuto da parte nostra. Ora, tralasciando la storia principale nei suoi dettagli bisogna soffermarci un attimo sulla qualità della narrazione stessa. In molti si sono lamentati della mancanza degli NPC e della presenza dei soli olonastri come mezzo di progressione. Scelta che personalmente non ho trovato solo adeguata, ma anche scritta davvero bene. Le frasi hanno un alone di realismo, ma sopratutto la loro costruzione è tale da farci esclamare ogni tanto qualche frase piena di sorpresa. Anche la narrazione stessa prosegue in modo verticale con solo qualche punto orizzontale. Le missioni secondarie invece sono un altro paio di maniche. Come per ogni gioco Bethesda, ne troviamo una miriade di inutili e totalmente uguali una all’altra, ma in fondo ci troviamo in un quasi MMO e quindi questa scelta va anche bene. Alcune volte invece ci si imbatte in un piccolo gioiello narrativo scritto a dovere e lì è un piacere infinito andare avanti.
Si vive da soli, si muore da soli
Ho già detto più volte che in questo gioco non troverete alcun PNG, ma bisogna ribadirlo ancora una volta. Il loro posto è stato preso dagli Ardenti, uomini e donne trasformate in delle creature simili ai ghoul e dotate di vita breve in quanto soggette all’autocombustione. Quindi il primo pensiero cade sui giocatori online, che dovrebbero essere quei compagni capaci di accompagnarci anche nel cuore del posto più pericoloso. Personalmente ho pensato di creare un team simile allo Strike Team della serie The Shield e di dettare legge come uno spietato sbirro corrotto, ma niente da fare. I personaggi reali sono delle macchiette che correranno per tutto il tempo lungo la mappa e non si fermeranno mai a darvi una mano. Al massimo, vi guarderanno combattere per poi passare oltre. Non vorranno aiutare, non vorranno commerciare o parlare. Sono dei fantasmi visibili a occhio nudo.
La sensazione dopo molte ore di gioco è quella di trovarmi in un titolo in cui gli sviluppatori non hanno lavorato abbastanza (per non dire “affatto”) sulle motivazioni per fare squadra. Ciò crea un senso di solitudine ancora più grande e alla fine inghiottisce il giocatore che finisce per giocare solamente per il completamento delle missioni. Questa è forse la tristezza più grande di un videogioco online che non riesce ad esserlo. Anche le sfide tra i giocatori diventano solo un mero pretesto per attaccar briga da parte di qualche altro poveretto che probabilmente in quel momento vuole solo un po’ di compagnia umana. Ovviamente successivamente egli diventa il puntino rosso sulla mappa, quello ricercato e odiato da tutti.
La solitudine del numero uno
Il gameplay di questo Fallout 76 ha dalla sua sia i risvolti positivi, ma anche quelli negativi. In primis bisogna dire l’ovvio, lo SPAV non esiste più. Non possiamo più rallentare il tempo e decidere il posto da colpire per ovvie ragioni. Piuttosto, questo è diventato una sorta di mira automatica che segue il bersaglio. In certi momenti risulta essere comodissima vista la possibilità di non dover mirare necessariamente al nemico, ma durante i combattimenti ravvicinati si cade nel caos più totale. Il sistema non riesce a gestire bene i movimenti e le inquadrature e spesso nemmeno la mira stessa. Senza lo “SPAV” invece ci troviamo in un classico Fallout, ma con qualche difetto in più. Saranno i server, sarà che il gioco è ancora giovane, sarà probabilmente la sfiga di Bethesda, ma colpire un bersaglio è difficile.
Non parlo della difficoltà nel mirare e sparare. Quello è facile. Intendo proprio l’uccisione. Questa infatti risulta difficile per motivi strettamente tecnici e capiterà spesso di colpire il nemico, vedere il sangue schizzare come il ketchup spremuto troppo forte e poi niente. Il nostro ghoul di turno non avrà la vita inferiore a prima e ci correrà contro per ringraziarci con i suoi metodi gentili. Se alla prima questo non è un problema, alla lunga diventa stressante e sopratutto frustrante. Lo stesso vale per i freeze e i cali di frame rate, che riguardano la parte grafica, ma che danneggiano in modo irreparabile la nostra partita.
Introdotta in Fallout 4, anche questo capitolo possiede la parte dedicata alle costruzioni. Costruire un fortino grazie al C.A.M.P. sarà di vitale importanza per noi in quanto a lungo andare ci servirà una base mobile da poter usare in tutti i modi. Al livello ludico ho trovato questa modalità più semplice del capitolo precedente e quindi anche più divertente. Ovviamente ci sono ancora parecchie lacune da aggiustare in termini della tecnica, precisione e le possibilità costruttive, ma stiamo sicuramente andando nella giusta direzione.
La cosa più geniale (per ora) del gioco è probabilmente la struttura delle abilità creata con le carte. No, non si tratta di lootbox a pagamento che rende il giocatore un dio sceso in terra, quello succede con i bug. A ogni livello sbloccato avremo una serie di carte da assegnare a una delle branche del S.P.E.C.I.A.L. e facendo ciò aumenteremo di fatto le caratteristiche del personaggio. Si tratta di un modo intelligente e ragionato di darci un po’ di casualità e creare un sistema in cui bisogna ragionare in base alle proprie esigenze belliche o esplorative. Una caratteristica simile non è solo perfetta in un gioco online, ma è originale e ben realizzata.
Il riciclo
Fin dal primo annuncio del gioco era chiara una cosa. Il comparto grafico sarebbe stato uguale a quello usato in Fallout 4 e in effetti è proprio il medesimo. Ovviamente era abbastanza datato già al tempo, ma nel 2018 tutto questo tempo si sente in modo ancora più marcato. Tutti gli asset sono stati riciclati e ovviamente lo si nota a un chilometro di distanza. Non mi aspettavo di trovare qualcosa di particolarmente originale, ma qualcosa di fatto apposta sì. Parlando invece di cose più concrete, questo titolo possiede dei cali di frame rate talmente evidenti da risultare sgradevoli. A tratti andremo all’incirca a 2-5 frame rate per secondo e non sarà facile capire cosa stiamo facendo, chi ci sta attaccando e dove si trova. Oltretutto questo problema non capita esattamente durante le scene più concitate, ma addirittura quando siamo da soli in mezzo al vuoto. La cosa ovviamente da un fastidio oltre il limite. I piccoli miglioramenti sono costituiti dagli effetti particellari che ogni tanto fanno il loro ingresso.
Al livello musicale invece posso felicemente dire che finalmente sono stati introdotti sia i nuovi brani, sia quelli vecchi, ma che stavolta sono tanti. Quello che era un difetto del quarto capitolo ora non lo è più e le diverse radio disponibili ci accompagneranno per tantissime ore. A sorprendere poi è la quantità dei brani della musica classica che stavolta sorprende.
[amazon_link asins=’B07H7PCBZD,B07DD2V228,B07G2RK7QN,B07H83DCKJ,B07DLPQW6L,B07DCX8TH3,B07KGG8Q1Z,B07H82YWNL’ template=’ProductCarousel’ store=’havocpoint-21′ marketplace=’IT’ link_id=’4c172fbe-f673-11e8-a998-67b851eb49ee’]