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Rieccoci già a metà di questa serie degnamente nominata Freak Island con un nuovo arco di eventi ricchi di scoperte, speranze e quelle disillusioni caratteristiche di una vicenda che preveda misticismo ed atrocità. Fino ad ora abbiamo potuto osservare quanto possa essere rapido, in situazioni estreme, perdere la propria umanità lasciando prevalere l’egoismo, la rabbia e una furia sconosciuta nel regno animale ma fin troppo spesso nota nella società “civile”.
Un’isola tutta da esplorare
Avevamo lasciato i nostri, ormai decimati e al limite, protagonisti in un’insenatura nella roccia con due elementi molto contrastanti tra di loro: una barca, unica speranza per lasciare l’isola ed un ambiguo ragazzino telepate con gli occhi cuciti e desideroso di andare a scuola. Chiunque con un buon senso sarebbe stato restio nel fidarsi di un tale individuo, anche in cambio di un mezzo per fuggire dall’inferno, ma non i nostri fortunati membri del club di archeologia accompagnati, o per meglio dire tiranneggiati, da un sadico investigatore giunto sull’isola con obiettivi tutt’altro che pacifici (nonostante sostenesse il contrario).
Le origini della tragedia
Quinto volume, come tutto affiorò comincia da qui. Un tranquillo isolotto al largo del Giappone, persone tranquille con vite tranquille immerse in una tipica società basata sulla pesca e con poche interazioni con la terraferma. Tutto sembra procedere bene e in pace fino al primo atto di vera violenza della famiglia che porta alla luce quell’oscuro misticismo, del quale abbiamo potuto vederne gli effetti nei capitoli precedenti, in grado di garantire abilità fuori dall’ordinario a questa pazza famiglia. Una scoperta agghiacciante in una casa all’apparenza innocua ma piena di pazzia di un fanatismo contorno, il quale acceca i suoi seguaci facendogli perseguire i propri macabri scopi convinti di percorrere la retta via.
Violenza alla pari
Procedendo con la storia appare sempre più evidente quanto possa essere pericolosa un’idea o una fede, specialmente se tutte le informazioni che la riguardano non sono gestite da una guida o da qualcuno istruito ed in grado di distinguerle in bene e male. Dal primo numero l’autore ha incentrato la vicenda sulla disinformazione e sulle libere interpretazioni di testi sacri, enunciando tramite i personaggi della storia che quando il culto cristiano arrivò in Giappone, alcuni di quelli che ne diventarono i credenti furono lasciati a loro stessi creando sette ed interpretando i testi in chiave talmente macabra da adorare la morte e cercare di diffonderla come se fosse una benedizione. E’ stata proprio questa visione distorta del bene che, miscelata a radiazioni rituali e strani manufatti, ha portato una semplice famigliola a diventare il flagello di un intera isola. La forza della famiglia verrà sormontata dai giusti valori che hanno fatto progredire la razza umana, o i nostri sfortunati protagonisti perderanno quel briciolo di umanità che ancora dimora in loro abbassandosi alla stregua di bestie? Incrociamo le dita per i prossimi volumi.