Intervista a Marco B. Bucci e Jacopo Camagni, autori di Nomen Omen

MARCO B. BUCCI
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Un anno fa è iniziato il viaggio di due giovani autori italiani, Marco B. Bucci e Jacopo Camagni con la loro serie Nomen Omen. Non ho mai nascosto il mio interessamento per la serie e il primo numero riuscì a convincermi senza problemi. Ora però i tempi stanno maturando e con l’uscita dell’Interludio, vediamo svelata una parte del passato di Taranis. Facendo quattro chiacchiere con gli autori ho scoperto un po’ di cose che vedremo in futuro e non solo. Preparatevi a leggere un’intervista un po’ lunga, ma che spazia dal fumetto a qualcosa di più concreto e per certi versi, reale.

Nel caso ve la foste persa, vi consiglio di leggere anche la precedente intervista.

Rostislav: Nel primo numero di Nomen Omen abbiamo visto Becky iniziare a scoprire i propri poteri. Nel secondo vedremo la prima battaglia contro Taranis?

Marco: Jacopo mi ha maledetto parecchio per la gigantesca scena d’azione che ci sarà nel secondo volume. Non voglio delinearla troppo adesso, ma non sarà l’unica dell’albo. La storia andrà incontro a una narrazione più da comic book americano. Questo senza alcun ombra di dubbio. Ci saranno come sempre delle pause per l’intimità dei personaggi, ma ci sarà una grossa e complicata scena d’azione perché non l’abbiamo voluto semplificare.

R:Con tanto di uso dei poteri?

M: E beh, non dico niente, però sì sì. Guarda, di magia nel secondo volume ce n’è tantissima. La mia sceneggiatura è divisa in colori. È tutto scritto in nero e poi ci sono delle cose sottolineate con i colori proprio come nel fumetto stesso. Ho un colore per scene con la magia, un colore per le scene d’azione e un colore per una cosa che non posso ancora dire, ma che tratta un determinato tema e l’ho sempre sottolineato ogni volta. E le scene d’azione e di magia sono tante.

R: Quanto è vasto l’universo narrativo di Nomen Omen?

M: Le storie lo sono molto, ma se parliamo di un mondo fantasy allora bisogna dire che questo è sovrapposto al nostro. C’è un concetto che è stato già ripreso da altri autori che è quello del sovrannaturale inteso come delle creature esuli nel nostro mondo. Creature che sono finite in qualche modo aggrappate a questa realtà. Forse perché altre mille realtà sono andate distrutte o non esistono proprio più e sono state dimenticate. È un tema che dalla Storia Infinita in poi prendo un po’ tutte le opere del genere. Da Fables (la serie a fumetti n.d.r.) ad American Gods e ad alcuni personaggi dello stesso Sandman. Anche lo stesso Lucifer da un certo punto di vista è un reduce di guerre passate che adesso si trova lì e a modo suo se la cava.

Il mondo di Nomen Omen ha un background molto grande, ma siamo in un momento storico (dove è ambientato tutto) nel quale molti di tutti quei mondi e quei miti che c’erano, sono andati distrutti e dimenticati. Infatti ci sono delle piccole isole di mondi fantastici. Piccoli sprazzi qua c’è molta della nostra realtà.

R: Una curiosità che non ha niente a che fare con Nomen Omen. Ti piace la serie tv Lucifer?

M: Sto finendo la prima stagione, ma non mi piacciono i polizieschi. Non tutti. Diciamo che il genere poliziesco con tutta la prassi del svolgimento investigativo mi ha un po’ stancato. Ci sono alcuni che per la loro singolarità mi piacciono, come ad esempio alcune puntate di Hannibal, che è una delle mie serie preferite. Lucifer è un poliziesco classicissimo, ma in alcune puntate ha dei tocchi di classe che non sono niente male. Considera che il personaggio di Neil mi piace tantissimo e il fumetto ni. Un bel ni.

R: Di quanti numeri sarà composto Nomen Omen?

M: Allora, Nomen Omen avrà sei numeri ufficiali al momento, divisi in due archi narrativi (tre e tre). Il primo arco si conclude con il terzo numero e molto probabilmente la fine del primo arco avverrà al Napoli Comicon dell’anno prossimo. Tra il due (che uscirà a Lucca) e il tre far passare un anno è una cosa crudele per delle cose che avvengono nell’albo.

R: Ci saranno altri volumetti come lo Zero e l’Interludio?

M: Sono previste varie cose. Al Romics presenteremo un’altra cosa della quale non dirò nulla perché dovremo proprio presentarla. Posso dirti che sarà un nuovo contenuto extra edito da Panini Comics ed è molto più importante come edizione rispetto ai volumetti singoli, che riecheggiano molto agli albetti dei comicbook americani e mi piace moltissimo come strategia. Quello sarà qualcosa di più però.

R: Avremo altri personaggi chiave in futuro?

M: Sì. (dopo una lunga pausa) Tra la fine del terzo e l’inizio del secondo arco narrativo passa non solo un po’ di tempo, ma il tono della serie si fa sempre più grave. Ed è un po’ anche il mio stile di narrazione che spinge verso questa cosa. Già con il primo numero spero che si vedesse un approfondimento dei tempi che portano verso una profondità dei personaggi. Becky sta male e non vive bene la sua condizione. Non è Harry Potter che è arrivato ad Hogwarts e finalmente ha una bacchetta e una famiglia. Per fare un parallelismo immeritato, in quanto non posso essere paragonato alla Rowling, che è una delle mie autrici preferite. Lei però nel sesto e settimo libro fa un lavoro che mi è piaciuto tantissimo. Ossia il decostruire un po’ questo regalo che era stato fatto ad Harry nel primo capitolo. Una cosa del genere io l’ho voluta fare subito a Becky, che è un’appassionata di Harry Potter e lo dichiara anche nel primo volume. Ho voluto togliere da subito questa leggerezza del mondo sovrannaturale, che si rivela a chi sta passando un brutto periodo. Non ti salverà mai dai tuoi problemi questo tipo di mondo. Piuttosto te li fa vedere da un altro punto di vista. Questo porterà a dei cambiamenti molto pesanti all’interno della storia. Ci sono dei personaggi, due forse, che andranno ad affiancare la sua figura. Però non posso svelare niente sul destino di Becky.

R: Per i disegni, qual’era il punto di partenza per te? Al livello di ispirazioni.

M: Io evito di fare dei riferimenti fumettistici, ma ti posso dire che io fornisco a Jacopo molto spesso delle foto e dei dipinti perché sono molto legato alle arti visive. Per me la pittura è importantissima e ci sono delle parti di Nomen Omen che devono avere dei precisi legami. Ad esempio gli ho mandato tante immagini dei dipinti preraffaelliti, tantissimi riferimenti presi da certe inquadrature nella fotografia che secondo me esprimevano particolarmente la situazione.

Jacopo: Nomen Omen nasce da molto lontano, è una storia che sia io che Marco conserviamo e abbiamo creato molto tempo fa, di conseguenza la maggior parte del comparto visivo non ha un vero e proprio punto di partenza, ma si è formato nel corso di un periodo molto lungo durante il quale son cresciuto ed entrato in contatto con molti fumetti, film, serie tv, videogiochi e libri.

Se dovessi delineare alcuni punti di partenza cartacei potrei citarti tutto Sandman, the Wicked + the Divine, Berserk, il Batman di Burton e le illustrazioni di James Jean e Arthur Rackham.

R: Vorresti vedere una serie tv di Nomen Omen? Nel caso, quale attrice potrebbe interpretare la parte di Becky? e degli altri personaggi?

J: Nomen Omen nasce come storia su più livelli, quando io e Marco abbiamo pensato al progetto non l’abbiamo immaginato solo come “storia a fumetti”, Nomen ha una vita propria e come tale lo imaginiamo in continua evoluzione su più livelli (fumetto, gioco da tavolo, videogioco, serie tv, film, romanzi), dipende solo dalla necessità narrativa e da un’unica premessa, se lo si fa, allora lo si deve fare bene.

Vorrei una serie tv? Ma certo, non vedrei l’ora, ma solo a patto che possa render giustizia al mondo e ai personaggi.

Ma tanto sognare non costa niente, ma non ti saprei dare dei nomi precei, almeno per i due protagonisti/antagonisti (ovvero Becky e Taranis) vorrei due attori sconosciuti, possibilmente lei americana e lui inglese. L’idea di due volti nuovi mi entusiasma più di scegliere un nome e forzarlo nel ruolo.

Per i personaggi secondari invece un paio di nomi famosi o comunque conosciuti li ho ben in mente, adorerei avere Tom Hardy nel ruolo di Fer, Darren Criss nel ruolo di Patrick, Hanna Simone per Dhara e, se possibile, Carmen Dell’Orefice (a cui mi son totalmente ispirato) nei panni di lady Macbeth. Tutti nomi lontani dal grande schermo (ad eccezione di Tom), direi che il budget del casting sarebbe contuto no?

R: In futuro potrebbe uscire un volume unico dell’opera?

M: Stai parlando dell’Omnibus. Ne stiamo parlando con Panini Comics. Visto che ci sono cosi tanti riferimenti singoli esterni che potrebbe essere veramente la chiave per avere la comprensione di tutto. Perché magari un fan che scoprirà Nomen Omen dopo il numero due non potrà raggiungere lo Zero e farà fatica a raggiungere l’Interludio. Quindi ne varrebbe la pena.

R: Nell’Interludio si vede un Taranis che non è ancora malvagio e non pensava agli umani come a una minaccia. Cosa lo ha cambiato?

M: Allora, qui c’è una parte del personaggio che verrà svelata più avanti, però quello che affrontiamo all’inizio di tutto è un periodo storico di non storia. È un periodo che è stato narrato come il passato di tutte le storie, racconti e le leggende incarnate, che sono i nostri personaggi sovrannaturali e che tutti immaginano come il proprio passato. Proprio perché sono storie è come se lo diventassero. Nessuno dice se sia veramente accaduto oppure no. È un passato immaginario. Lui ha un rapporto con gli esseri umani che è stato deviato dal suo potere che vediamo usare. Secondo me, capire Taranis può essere possibile dopo la lettura di Interludio e poi dopo la visione di quello che lui fa a Becky. Se accosti queste due cose, ti spoilerano già l’accostamento del personaggio che andremo a svelare man mano.

R: Il confine tra il bene e il male è spesso e volentieri sottilissimo. Cosa rappresenta il bene e il male per te?

M: Il male per me è la stasi assoluta. È quando qualcuno ti dice ogni volta che non devi vestirti in quel modo, che non devi essere cosi come sei, che devi amare chi decide lui. È quel momento in cui tutti gli esseri umani vengono messi in fila e a loro gli viene dato un numero e quel numero ti da il ruolo che è stato già deciso da qualcun altro. È il gioco deviato della banalità dell’immobilità. Per me tutto quello che rappresenta il movimento, la particolarità, la genuinità, l’identità è il trionfo di quello che è il bene. Anche se si arriva a essere estremi, caotici, distruttivi, anarchici. Perché la magia è questo. All’interno della regola della magia c’è il potere di essere quello che vuoi tu. Perché la magia la usi tu; non si usa da sola. Io sono altamente anti fascista e quello per me è il male. Il termine migliore è però il regime, che include tutto. Il regime è talmente grigio come modo di imporsi sulle identità delle persone da essere un vero male. Tutto il resto si trova in una zona di confine.

I personaggi di Nomen Omen giocano molto sul chi è cattivo e chi no. Becky alla fine del primo volume pensa di stare dalla parte degli antagonisti e non dei buoni.

R: Nell’Interludio viene messa in evidenza l’importanza del sogno. Cos’è il sogno per te, per Taranis e per tutto il mondo di Nomen Omen?

M: Il sogno è quella prerogativa che hanno i bambini di manipolare la realtà. Di buttare il cuscino del divano per terra, di salirci sopra e dire che il pavimento è la lava di un vulcano. Per me quello è il vero potere, quello che condiziona e che fa bruciare il piede quando lo metti per terra. Quello è il sogno ad occhi aperti e non importa che tu stia dormendo o meno, hai il potere di cambiare la realtà. Il problema vero è che questo potere è andato perso e se io ti sto facendo come esempio quello dei bambini significa che gli adulti non ce l’hanno più di tanto. Ed è lì che Taranis soffre.

R: Quindi il sogno è una forma di potere che Taranis può assorbire?

M: In Nomen Omen tutte le storie hanno questo legame con i sogni. Sono le streghe che non ce l’hanno. In questo Becky è un po’ speciale, però tutte le storie sono legate ai sogni e a quello che gli esseri umani reputano possibile solo nei sogni. Però sono sempre dei personaggi immaginari questi. Come anche per Lady Macbeth, che è un personaggio immaginario, ma chissà quante persone ha fatto piangere e disperare con il suo monologo. Anche quello è il sogno.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".