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Il videogioco è un passatempo che non smetterò mai di amare. Anzi, più passa il tempo e più ne apprezzo le piccole perle. Titoli capaci di raccontare una storia tanto semplice quanto profonda attraverso un gameplay basilare, una grafica semplice e minimale e tante piccole accortezze. In questo caso parlo di un titolo uscito qualche anno fa e rimasto nel cuore di tante persone, Lake. Personalmente l’ho scoperto grazie al buon Francesco Serino che ne parlò più volte durante il Cortocircuito. Eppure solo quest’anno ho potuto giocarlo, apprezzandone il mood, l’ambientazione anche la storia.
Lake è un gioco dalle premesse basilari. Di quelle che potrebbero annoiare la gran parte dei giocatori. Nei panni di una giovane donna, dovremo consegnare la posta nel paesino dove siamo cresciuti. Un modo banale per farci immergere in un ambiente rurale e tipicamente nostalgico. Uno di quelli che fanno pensare alla serie Everwood, ma non solo. Per un amante della natura è un po’ come un momento coccola in cui tutto acquista un valore quasi intimo.
Non ho combattuto contro mostri, non ho salvato nessuno e non ho fatto fuori nessuno durante la mia avventura. Ho solo consegnato i pacchi alle persone di una città che non vedevo da tantissimi anni. Ho rivisto le persone appartenenti al mio passato e ho capito il vero significato della vita tranquilla e appagata. No, in realtà ho anche salvato me stesso durante il gioco. Perché è stato un viaggio magnifico in un mondo che mi era mancato. Mi era mancato per tantissime ragioni e a fine avventura avevo nuovamente assaporato quella sensazione quasi magica d’aver a che fare con un titolo capace di rubarti l’anima e non solo il cuore.
Consegnare i pacchi, in mezzo alla natura più sfrenata, ma così minimalista ha acceso non solo l’immagine che iniziava ad assopirsi in me, ma ha anche dato una bella spinta al desiderio di vivere una storia tranquilla. Una vita fatta di piccoli problemi, di vicini e di chiacchierate in un bar senza un perché.
Il problema che risiede all’interno del genere slice of life per me è sempre stato quello di una mancanza di vero spaccato di vita. Mostri da combattere, draghi o nani, trasformazioni varie o robottoni che si prefiggono questo titolo, hanno davvero poco di vita vera. Vita che viviamo noi e che dovremmo in un certo senso ritrovare anche in versione digitale. Ecco, Lake riesce invece proprio lì. Gioca sul binario della vita tranquilla, di un lavoro fatto di routine e di persone.
Lake con la sua estrema semplicità riesce a ricordarci l’importanza di un certo tipo di giochi e di store. Proprio come nel mondo della letteratura, dei fumetti e del cinema, non si tratta solo d’azione e avventura, ma anche di riflessioni, di pace, di comfort zone e di scene di quotidianità.