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Una settimana dopo la fine della fiera più grande d’Italia, è giusto ricapitolare un po’ com’è stata questa nuova edizione del Lucca Comics 2018. Se dovessi riassumere il tutto in tre parole, direi: “un disastro pubblicizzato”.
Ma andiamo per gradi, parlando di quello che si è notato e non.
The Wizarding TIM Funko World
La presenza della TIM (per quanto rispetti l’azienda e goda della loro linea) si è fatta particolarmente soffocante quest’anno, essendo il principale sponsor della fiera, che ha gestito padiglioni ed eventi. Forse, da parte loro, vi è stata un’eccessiva pubblicità che ha portato anche a piccoli cambiamenti nella mappa del Lucca Comics 2018. Comunque, è un bene che un’azienda grossa e importante come la TIM si sia avvicinata ulteriormente a questo tipo di eventi, sottolineandone anche l’importanza (pur peccando di eccessiva aggressività).
Dal lato puramente “pubblicitario”, non posso fare a meno di evidenziare l’enorme presenza di stand, accessori e merchandise in generale legati al brand di Harry Potter, il protagonista assoluto di questa edizione (anche grazie al film di Animali Fantastici in uscita giovedì prossimo).
Francamente, pur avendo seguito il Wizarding World nella sua massima estensione, ho trovato piuttosto stucchevole la sua presenza ripetuta, quasi come se fosse appunto la fiera legata al mondo magico della Rowling. Non essendo un hater né un lover, avrei preferito maggior varietà e soprattutto una qualità più alta degli oggetti venduti, ma di questo ne parlerò più avanti.
Le Funko, insieme a TIM e Harry Potter, sono state la terza forza onnipresente all’interno della fiera. Cosa che, almeno per i miei semplici gusti, ho trovato un po’ eccessiva visto che le Funko, pur godendo di una popolarità incredibile, sono comunque prodotti dallo scarso valore estetico e inferiori alla controparte più costosa, ma infinitamente più carina “Nendoroid” della GoodSmile, che invece non ha avuto spazi all’interno dell’intera fiera, elemosinando gli avanzi degli scaffali di pochissimi negozianti. Per quel che mi riguarda, sono più affascinato dalla bellezza di un oggetto piuttosto che dalla serie a cui fa riferimento, per questo trovo le Nendoroid superiori e meritevoli di maggiori attenzioni. C’è anche da dire che il costo di una Funko aiuta molto nell’acquisto, visto che quindici euro sono una spesa piuttosto leggera per chi cerca un semplice soprammobile da collezione, ma per me la qualità e la carineria vengono prima di tutto.
Le disastrose avventure di uno weeaboo
Partendo dal principio, la cosa peggiore che si possa fare al Lucca Comics è arrivare dopo l’apertura della fiera. Treni in costante ritardo e posti macchina fin troppo limitati che congestionano la città non aiutano sicuramente il viaggiatore, che si ritrova a vagare con una meta ben precisa, ma senza mezzi. La carenza di parcheggi ha dato il via libera all’ennesima nascita di parcheggi abusivi, apprezzati dagli automobilisti ma non visti bene dagli organizzatori e dalle forze dell’ordine. E questa, amici miei, è solo la punta dell’iceberg dell’avventuriero che osa sfidare il temibile Lucca Comics.
Come già detto, il mio apprezzare le Nendoroid e la loro relativa mancanza generale è stato un grande colpo al mio stato d’animo, tuttavia non per questo ho smesso di osservare. Osservando, ho notato (come del resto ogni anno) un enorme proliferare di accessori e action figures farlocche, chiamate anche “bootleg”, vendute da decine di stand (ovviamente non ufficiali di un determinato marchio) nella fiera, spesso miste a figures originali (e con una certa differenza di prezzo). Purtroppo, è molto difficile saper distinguere fra originali e falsi, e non sempre il prezzo ci viene in aiuto. In particolare, in questo Lucca Comics 2018 i prezzi sia degli originali che dei falsi sono aumentati a dismisura, raggiungendo cifre assurde da un lato, ma anche cifre credibili dall’altro. Fate attenzione a ciò che comprate, anche perché può benissimo essere che il mercante che vi ha venduto la figure non conosca di base le qualità che deve avere per essere originale, e dunque – per errore – la potrebbe vendere come tale.
Per quanto riguarda i cosplay, il cattivo tempo e le file interminabili non hanno intaccato la volontà dei cosplayer partecipanti al Lucca Comics 2018, mostrando sia le mode attuali (per lo più riferite a Cells at work! e My Hero Academia), sia cosplay più ricercati e comunque sempre apprezzati.
Una qualità decisamente alta che ha portato un po’ di vita a quest’edizione eccessivamente smorta a causa delle tempeste e degli uragani che annualmente si abbattono su Lucca, peggio del Triangolo delle Bermuda. Persone, nonostante tutto, allegre e colorate si sono riversate per tutta la città, mostrando nella quasi totalità dei casi i motivi per apprezzare il cosplay in ogni sua forma. Per fortuna, il senso di pudore e di umilità è rimasto, rendendo gradevole praticamente ogni cosplayer. Complimenti.
L’arte nascosta
Ultimo argomento, ma non per importanza, ci tengo a sottolineare come il Lucca Comics 2018 (sebbene un po’ carente di ospiti rispetto ad altre edizioni) sia comunque riuscito a mostrare una certa inclinazione artistica nei prodotti esposti.
Tale inclinazione non la ho trovata nei cartelloni pubblicitari della TIM (pur avendo delle illustrazioni niente male), né tanto meno negli stand dove si vendevano chincaglierie di scarsissima qualità che sono il nettare dei normies. Il massimo potenziale, la bellezza più grande di tutta la fiera, l’ho trovata nella Japan Town, in una delle bancherelle laterali (sempre un po’ snobbate) dove si vendono per lo più accessori od oggetti tipi giapponesi (calzini, ventagli, bacchette ecc…). Un pittore giapponese se ne stava lì. nel suo angolino, a parlottare in modo piuttosto decente in inglese con gli eventuali clienti. Una persona vestita con abiti tradizionali giapponesi che vendeva opere d’arte di sua fattura, o anche magliette abbellite dallo Shodo (l’arte della calligrafia giapponese).
Quella bancarella mi ha catturato. Non mi vergogno a far pubblicità perché sento dentro di me che se la merita, se la merita tutta. Dei quadri (ovviamente rapportati in fogli A3/A4) con uno stile tipico giapponese, con esagerazioni di inchiostro e con dei soggetti che variano dai samurai alle geishe. Delle opere d’arte che colpiscono e che, francamente, stanno parecchio bene sulla mia parete. Purtroppo non ricordo il nome dell’autore, ma ci tengo a condividere con voi il quadretto che ho acquistato e che mi ha catturato più di tutti.
Anche per quest’anno è tutto, spero di potervi fare un altro riassuntino l’anno prossimo, sperando anche in un’edizione piena di Nendoroid.