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“Elettrico” è stato l’aggettivo che a suo tempo avevamo usato per parlarvi di Lumina. Ed elettrica è proprio la sensazione che ci troviamo addosso ora nel tornare a raccontarvi di questa saga giunta al suo arco finale.
Il progetto editoriale di punta di Tatai Lab (qui potete trovare la recensione) firmato da Linda Cavalli ed Emanuele Tenderini, vede finalmente la luce, proprio lui che di luce se ne intende decisamente. Dopo una gestazione non fortunatissima (fra una pandemia e, beh, tutto quello che già sapete) finalmente l’oscurità può dirsi totalmente vinta e noi fortunati lettori possiamo finalmente stringere l’ultimo volume fra le mani, tornando a quella scossa energetica di cui sentivamo la mancanza.
Non era possibile non sentirla, d’altronde, la mancanza. Perché per quanto il mercato fumettistico non ci abbia fatto mancare altre storie entusiasmanti con cui ingannare l’attesa, quello che Lumina è stato in grado di fare con i suoi primi tre scintillanti e multicromati volumi, non è riuscito a farlo nessun altro. Girare una pagina dopo l’altra e vedersi gli occhi rapiti dai giochi di luce che l’effetto laminato riusciva a mettere in scena, è stato profondamente romantico, come ritrovarsi sotto una pioggia di fuochi d’artificio. Incanto e magia che passano dagli occhi per arrivare direttamente al cuore, senza ancora che un personaggio abbia pronunciato una singola parola.
Una malia che non può che metterci di buon umore, mentre attendiamo che l’ultimo volume ci guidi verso la chiusura di questo mondo multisensoriale, multidimensionale, tutto italiano, che ci ha accompagnato per ben otto anni. Un progetto che, ora possiamo confermarlo, è stato in grado di rinnovare la produzione fumettistica nostrana senza dimenticarsi di raccontare una storia pensata con cura, piacevole, in grado di ridarti quel brivido che cerchi quando apri il volume appena uscito dalla fumetteria.
Quella vibrazione elettrica, appunto, che ora proveremo a raccontarvi meglio.
Nodi che vengono al pettine per bene
La storia di Kite e Miriam (i due fratelli protagonisti, portatori di parte della divinità Fej-Farok) giunge alla sua conclusione nella maniera più naturale possibile. Il che è nient’altro che l’obiettivo principale di questo quarto volume, immerso in una storia sicuramente già vista, ma sufficientemente sofisticata da valorizzare l’ottimo lavoro fatto in ottica di stesura del racconto e world building: per quanto sempre narrata con i toni semplicistici tipici del racconto di formazione, la vicenda che questa saga ci ha narrato è sempre stata in grado di portare in scena le complessità di un universo maturo, ben costruito, con leggi e regole coerenti fra loro, in cui la “magia” assume una dimensione naturalistica, filosofica e scientifica tipica della letteratura orientale. Non si perde troppo nelle varie sottotrame, non perde di vista il punto cruciale della storia, e lo fa con ordine e stile, senza correre troppo, né troppo poco (anche se ovviamente tutti vorremmo sempre di più, ma i limiti imposti dai quattro volumi sono impietosi). Il duo di autori riesce a far funzionare a meraviglia le meccaniche tipiche del genere Isekai: come lettore ti senti trasportato via, tiepidamente, insieme ai personaggi, in questo mondo nuovo, in cui assumi un ruolo impensabile, qualcosa che molte opere provano a fare ma in cui poche riescono davvero, perché l’alchimia degli elementi della storia (visivi e narrativi) deve essere dosata alla perfezione per non creare stonature improvvise che portino il lettore a “risvegliarsi” dall’incanto. Viaggiare fra le pagine di Lumina, anche in questo arco finale, è stato come spogliarsi della propria identità, della propria età, e ritornare a essere quei ragazzi che tutto possono fare, attingendo alla propria forza di volontà. Non si può desiderare effetto migliore, e le pagine finali ti portano persino un pizzico di commozione, nel salutare i compagni di viaggio, e questa sensazione. Anche se, c’è da dirlo, proprio nelle ultime pagine il volume soffre di una troncatura brusca e un po’ imprevista, che va a far vanificare l’ottima gestione del ritmo avuta sino a quel momento. Forse si potevano sacrificare alcune situazioni non esattamente fondamentali (come la classica battaglia tra fazioni). Il finale potrebbe rimanere pertanto indigesto ad alcune tipologie di lettori.
Multimediale e multisensoriale: un viaggio elettrizzante
L’emozione nella lettura però non ne risente, anche grazie al fatto che Lumina non te lo leggi e basta: lo leggi e lo ascolti. Apri Spotify e la soundtrack scritta dal compositore Remo Baldi e registrata dall’orchestra sinfonica macedone Fames Project Music Film, ti trascina in quella che la tua fantasia trasforma in un vero Kolossal cinematografico multimediale. Un album per ogni volume: non puoi leggere Lumina senza, o perlomeno, non puoi dire di averlo letto davvero. Non servono visori di realtà virtuale, il fumetto e la sua musica hanno tutto ciò che serve per trascinarti via dalla realtà, assorbendo il tuo sguardo, il tuo tatto, e il tuo udito. Sinestesia e multimedialità si assecondano, si fondono in un tratto digitale sempre accattivante, che non ci fa rimpiangere neanche questa volta le tecniche più artigianali, e che inciampa a volte solo su alcuni volti, deformandoli eccessivamente in prospettive non proprio esteticamente indovinatissime. Ma sono problemi secondari, non problemi anzi, dal momento in cui anche in questo quarto volume, la multicromia rende unica l’esperienza di lettura.
Lumina in definitiva è una gemma preziosa, quella lettura che ti fa riscoprire la bellezza genuina del voler consigliare a qualcuno qualcosa che non si aspetta esista per davvero, in quella esatta forma; come il cielo in un film di Makoto Shinkai, che l’hai visto almeno mille volte, ma non l’hai mai visto in quella maniera lì.
Il calore di questi albi è vivido. La loro luce è densa.
La stessa che speriamo possiate cogliere girando le pagine di questo progetto, sperando di avere ancora l’occasione di vedere nuove produzioni di questo livello letteralmente elettrizzante.