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Il secondo capitolo della saga di Insomniac arriva su PC e subito viene alla mente la tendenza dei sequel targati PlayStation degli ultimi anni: tutto deve essere moltiplicato, aumentato a dismisura. In poche parole i sequel devono essere più esplosivi, più ricchi di intrecci narrativi, più dialoghi e più ore di gioco. Tutto questo arrivando anche a sacrificare pesantemente la coesione e la riuscita dell’esperienza nel suo complesso. Abbiamo visto saghe contorcersi fra ore di dialoghi e personaggi dalla favella indomabile, suggeritori implacabili e guide turistiche al limite del insopportabile. Grandi giochi, ottimo gameplay paludato però da questa verbosità dilagante, spesso priva di valore contenutistico.
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La tendenza dello stile Sony ha raggiunto livelli esagerati: vorrebbe essere Cinema ma non può, non fosse altro che il giocatore vuole e deve, banalmente, giocare. Una richiesta soddisfatta spesso in parte con una infinita sequela di scontri e situazioni ludiche mai troppo impegnative.
Sarà riuscito il secondo capitolo della saga di Insomniac a sconvolgere questa preoccupante tendenza?
Da grandi poteri derivano grandi alberi delle abilità!
Il gameplay di Marvel’s Spiderman 2 discende e raffina quello del primo capitolo e ingloba anche le meccaniche proprie del titolo dedicato a Miles Morales. Intanto, svolazzare per New York è una goduria estrema, le evoluzioni e le piroette dei nostri eroi sono state perfezionate al punto che navigare per la città diventa un gioco a parte, divertente quasi più delle mille attività secondarie sparse sulla mappa. Come ciliegina sulla torta, i due ragni sono entrambi dotati di ali e volano letteralmente, aumentando così le possibilità di esplorazione e delizia nel passare da un quartiere all’altro in pochissimo tempo, facendo dimenticare al giocatore che esiste la possibilità di sbloccare il viaggio veloce.
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In questo capitolo la struttura di gioco differisce in parte dal classico impianto “ubisoftiano”, ormai dismesso un po’ ovunque, con la visualizzazione delle attività tramite l’attivazione delle torrette poste in punti strategici. Qui bisogna girovagare e scansionare le aree per poter visualizzare cosa fare e dove. Novità apprezzata che permette di vivere in maniera meno meccanica le nostre ore di gioco. Tutte queste attività sono quasi soverchianti nel numero e ne vengono sbloccate di nuove procedendo con il racconto principale, oltretutto ci sono i soliti crimini casuali, per fortuna possono essere ignorati senza alcuna conseguenza. Va precisato che il corposo sistema di progressione invita al completismo, all’esplorazione, a “livellare”, trovando la propria strada si può sopravvivere a questo marasma di eventi e missioni secondarie. Alberi di abilità differenziati per Peter e Miles, albero abilità in comune, gadget e poteri del costume, costumi e collezionabili da sbloccare. Tutto richiede materiali e ricompense da reperire in giro o svolgendo le succitate attività secondarie, anch’esse spesso accompagnate da pretesti narrativi. Un oceano di cose da fare, sempre le stesse beninteso, sapientemente diffuse in ogni quartiere. La qualità degli incarichi secondari è altalenante, non tutto è accattivante o interessante, il consiglio è quello di non cercare di far tutto subito, potreste veramente far indigestione.
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Le missioni principali sono ben visibili sulla mappa, anche se in alcuni momenti bisogna attendere qualche minuto per ricevere una chiamata e proseguire così verso il punto indicato. In altri basta passare da Miles a Peter e viceversa, il gioco indica con suggerimenti continui cosa fare e non si rimane mai dubbiosi su come procedere. Le migliorie più utili sono quelli legate al combattimento, ancora una volta entusiasmante ed appagante. Anche qui spicca un raffinamento di quanto abbiamo già conosciuto con l’addizione di meccaniche per il “parry” (o la deviazione per i digiuni di titoli soulslike) e la possibilità di affiancare abilità fisiche ad altre legate ai gadget. Combinando i vari effetti si raggiungono momenti di intenso gusto videoludico, con larghi sorrisoni sul viso del giocatore ammaliato da tanta fluida spettacolarità. E’ vero però che, a lungo andare i combattimenti risultino sempre molto uguali tra loro e infinitamente più lunghi, segnati da ondate continue di avversari che si dividono equamente il compito di picchiare da vicino o sparare vari oggetti dalla distanza. In più abbiamo il dispiacere di veder affiancati ai numerosi avversari dei robot canini e rapaci meccanici dei quali francamente non si sentiva il bisogno. Ancora più difficili da comprendere sono l’obbligo del parry contro alcune tipologie di nemici e lo sproporzionato uso delle boss fight, evidenti rimandi ai giochi soulslike di cui sopra. Nelle fasi finali della storia principale questi difetti vengono esasperati e le missioni si basano quasi esclusivamente sull’affrontate orde di nemici e una sequela di boss relegati a delle arene specifiche. Con una città così a disposizione, è un vero peccato essere sempre costretti in luoghi confinati e a strutture canoniche nelle battaglie importanti.
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Il senso del ragno
Il primo gioco dedicato all’ ”Arrampicamuri”come lo definiva J. Jonah Jameson nei fumetti di qualche decennio fa, bruciava di un amore incondizionato per il personaggio, un riuscito amalgama di omaggi e rimandi tanto al fumetto quanto alle splendide pellicole di Sam Raimi che avevano traghettato il personaggio alle giovani generazioni dei primi anni duemila. Non per caso quindi è ancora oggi celebrato come uno dei migliori giochi di sempre dedicati all’eroe urbano dal grande cuore e dai sani principi. In soli sei anni però, parecchie cose sono cambiate, sia sul grande schermo che nei fumetti: abbiamo avuto diversi avvicendamenti, Spider Man (ormai guai a chiamarlo Uomo Ragno, nda) è stato accompagnato da nuovi personaggi ed è stato dotato di costumi ultra tecnologici, inoltre è stato protagonista di una serie di nuovi film che hanno settato più moderni standard per il personaggio; se si tratta di cambiamenti positivi o negativi questo dipende anche dall’età e dalla sensibilità personale di chi si approccia al mondo del “Tessiragnatele” (esatto, un altro soprannome d’antan per il nostro.) Tutta questa mutazione è stata risucchiata ed inglobata nel mondo parallelo del Ragno di Insomniac, aggiornando al contempo situazioni pregresse e mescolando alla narrazione un nugolo di personaggi appena citati o inesistenti nella prima iterazione del brand. Questo ha portato ad una precisa volontà di accontentare tutti, dai più stagionati conoscitori della materia, ai giovanissimi cresciuti con le pellicole recenti e purtroppo il risultato si vede. Se da un lato la magniloquenza cercata e raggiunta da situazioni al limite in ogni missione, (navi che scoppiano, palazzi che crollano, esplosioni puntuali a fine missione e niente di meno che acceleratori di particelle impazziti in pieno centro città) appaga e permette di apprezzare il lavoro tecnico di Insomniac, dall’altro rischia di sminuire quella che è la vicenda umana dei protagonisti. Il rapporto tra Harry e Peter ad esempio, viene fatto ingoiare al giocatore tramite sequenze giocate che sembrano uscite da un Life is strange qualsiasi, solo molto più tediose ed infantili, anche a livello di semplice gameplay. Ancora, personaggi che entrano per mezza missione, si dileguano e tanti saluti. Buoni per allungare il brodo o titillare il fan e niente di più. Troppi elementi narrativi a cui non bastano le interminabili missioni e filmati per essere sviluppati a dovere, esplicativo in tal senso il terzo atto: ci viene imposto un ritmo furioso ed una sequela di eventi così affrettata che fa quasi arrabbiare.
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Troppa carne al fuoco, troppi personaggi dalle motivazioni risibili e soprattutto, tanti momenti epici diluiti in un mare di parole e filmati inutili. Concentrarsi sul cuore vero della vicenda avrebbe donato più spessore all’impianto narrativo e dato ai personaggi un vero conflitto da risolvere. In soldoni, far scoppiare tutto ad ogni missione non è esattamente la formula magica per ottenere un racconto epico e profondo. E nemmeno inzeppare ogni singolo minuto della vita di questi personaggi di telefonate e dialoghi. A rimetterci è principalmente Miles, immerso in una tematica che ricicla quanto avvenuto nel gioco a suo nome senza il minimo mordente. E come lui anche la povera Mary Jane subisce un trattamento inglorioso. Perplime alquanto vedere una donna senza super poteri stendere tizi con una pistolina taser, stessi tizi a cui i due Spiderman devono dispensare quintali di botte per quattordici minuti pro capite per poterli mettere a tappeto. Va bene la parità, capiamo la voglia di non mostrare solo personaggi uomini al centro della narrazione, però oltre ad essere mortalmente noiose e datate le parti in cui giochiamo nei suoi panni, tramutare tutti i nemici in dei bietoloni solo per l’empowerement mina anche il nobile intento originario. Troppo didascalico farle guidare una moto, inserirla a forza con ogni mezzo nell’azione per poi sminuire tutta l’impalcatura narrativa sgretolando i valori in campo.
Conclusioni:
La maledizione dei sequel Sony ha colpito ancora, purtroppo. Un gioco enorme per qualità e quantità, vittima in alcuni frangenti della voglia di stupire e di dare più contenuto possibile. I difetti più marcati risiedono nella narrazione e in alcune scelte di progressione nella stessa, meno archi narrativi e una scrittura più attenta per le vicende di Miles avrebbero fatto chiudere un occhio sugli inciampi di una produzione così enorme. Nel complesso si rivela un’esperienza appagante, un gameplay fresco sebbene non innovativo e al netto di tutto, New York è bella come non mai, viverla nei panni di due super eroi vale senza dubbio il viaggio.