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I giochi di ruolo pen & paper erano, sono e rimarranno una pietra miliare per ogni appassionato dei generi ruolistici. Quando qualche anno fa sul mercato comparve Pathfinder: Kingmaker, era chiara una cosa: il re stava salendo sul trono. Si trattava in particolare di una trasposizione quanto più fedele a quello che è lo stile dei giochi da tavolo, ma ovviamente con i dovuti cambiamenti. Il gioco passò un po’ in sordina, senza conquistarsi quella grossa fetta di pubblico che meritava, ma poi arrivarono le espansioni che aumentarono l’epicità a dei livelli incredibili. Per ogni appassionato era una piccola pietra miliare, visto anche il coinvolgimento di un nome illustre come quello di Chris Avallone, autore di spicco del genere e grande intenditore dell’universo di Dungeon & Dragons.
A distanza di qualche anno, la Pathfinder: Kingmaker – Definitive Edition sbarca finalmente su console e come un tank, entra direttamente nella mia lista dei GDR da giocare a tutti i costi. Ovviamente ci sono dei difetti e non si tratta di un’opera che sprizza la perfezione, ma si tratta di una vera pietra miliare da non liasciar fuggire a nessun costo.
Il dado, la penna e la spada
Parlare di un gioco ruolistico di questa portata vuol dire armarsi di pazienza nel non svelare troppe informazioni subito. Si tratta comunque di un mondo fantasy piuttosto classico, quello che siamo abituati a vedere e a vivere tramite i libri, i videogiochi e i giochi da tavolo. Ci troviamo in una grande sala illuminata con una serie di bracieri. Impersoniamo le veci di un avventuriero (o un’avventuriera, a seconda di chi create come personaggio) convocato per una questione che farebbe gola a tutti, possedere un proprio regno. L’unico requisito è tanto semplice, quanto complesso e darà il via alla nostra impresa. Da quel momento, il mondo sarà un posto libero da esplorare, da vivere e da cambiare.
Partiamo dal principio però, ossia dall’editor del personaggio. Complesso quanto un arco elfico, elaborato quanto una miniera nanica e schietto come un uomo in un pub. Si ha la certezza che qui gli sviluppatori hanno voluto dare un tocco profondissimo alla personalizzazione, sbagliando però come al solito le nostre immagini. Queste sono infatti piuttosto poche e potevano sicuramente essere ampliate.
La narrazione di Pathfinder: Kingmaker – Definitive Edition prosegue su dei cardini classici, ma non mette niente in secondo piano. Ogni frammento che vediamo è importante per una costruzione finale e le nostre scelte condizionano il futuro della storia. In base a queste avremo anche un regno più o meno importante e interessante. Ogni pezzettino è quindi da considerare come vita a parte e prima di gettare del fango su qualcuno è sempre meglio pensare bene. La scrittura di ogni personaggio si sente come profonda e ben congegnata, ma è anche un atto d’amore verso il mondo del D&D e di tutti quei giocatori cresciuti con le avventure narrate dal Dungeon Master.
La lama, l’azione e la tempesta
Inizio con ribadire una cosa molto importante; Pathfinder: Kingmaker – Definitive Edition ha la tanto adorata modalità a turni. Si tratta di un’implementazione necessaria per chi gioca su console e personalmente trovo che sia più che giusto in assenza di un mouse e tastiera. Quest’ultimi sono ovviamente da scordarsi su console, nonostante il loro uso è consentito su PS4 e Xbox One. Per il resto, questo GDR si presenta in modo classico, ma allo stesso tempo, si avvicina alla modalità pen & paper come pochissimi altri videogiochi di questo genere. La gestione del team sarà una delle cose più complesse e complete che potreste mai vedere. Ci perderete parecchio tempo e finirete sicuramente all’interno del mondo classico quanto il fantasy più puro, ma vivo e magico.
Al livello grafico, questa Definitive Edition si presenta ancora una volta in modo stupefacente. La definizione non lascia spazio all’indecisione, mostrandoci un mondo fantasy preciso, colorato e magico. Le ombre si innalzano alte sul terreno, coprendo le macchie di sangue rappreso dei nemici morti un po’ di tempo fa. I palazzi brillano per la loro pulizia, e le architetture rispettano quelli che sono i canoni del genere letterario. Tutto l’insieme si presenta quindi in modo deliziosamente e spaventosamente famigliare, come se incontrassimo nuovamente un vecchio amico. Da non dimenticare la colonna sonora, capace di trasmettere tutte le emozioni al giocatore, facendolo immergere a 360° nell’universo narrativo di Pathfinder. Come spesso accade, queste musiche si prestano perfettamente anche con lo studio e la scrittura.