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Scrivo questa recensione con della leggerezza mista alla malinconia. Leggerezza perché finalmente la storia di Jeff Lemire ha una conclusione che mi ha colpito parecchio. La malinconia invece per lo stesso motivo. La storia è finita e non potrò far altro che ricordare con piacere i personaggi di quella piccola perla qual è Royal City. In questo terzo numero i problemi vengono tutti a galla e successivamente risolti, mentre il passato diventa sia più pesante che più presente. Il finale è come sempre la parte più discutibile e difficile di un’opera e non mancheranno le critiche riguardo a questo volume e ai suoi personaggi, che troveranno finalmente un po’ di pace. BAO Publishing è come sempre l’editore dell’albo, che trovate in tutte le fumetterie e librerie.
Addio, Tommy
Quella che andremo a scoprire in questo terzo capitolo di Royal City è la conclusione di viaggio intimo nella vita di una famiglia afflitta dai problemi e dolori. Una famiglia caduta in a tratti in disgrazia per un bruttissimo incidente. La morte del piccolo Tommy che ha cambiato tutti e che finisce per portare il dolore e la sofferenza anche nel presente. Con la sofferenza, abbiamo anche una sorta di spirito di Tommy, che si presenta a ognuno dei famigliari nel modo in cui loro lo immaginano.
Tommy era un ragazzo problematico e Lemire ci ha messo anche i problemi dei quali ha sofferto personalmente da giovane. L’emicrania che ha poi portato anche alla sua morte (di Tommy) e che ha coinvolto direttamente un fratello che successivamente ha patito in modo particolarmente pesante questa perdita. Tommy scriveva ed è grazie a lui che il fratello scrittore è diventato qualcuno. Rubare quei quaderni non ha giovato al suo spirito però, che si è appesantito sotto la consapevolezza di essere un inetto incapace. Anche i genitori e la sorella soffrono particolarmente questa scomparsa, ma finalmente ogni cosa viene slegata e spiegata e si tenta di portare l’elaborazione del lutto alla fase finale.
Addio Royal City
L’autore canadese ha quella strana capacità di dare dell’anima ai propri personaggi, creando delle storie abbastanza realistiche che alla fine colpiscono tutti. La famiglia e i suoi legami che si perdono dopo un tragico evento, la lotta che bisogna fare per andare avanti e sopratutto il dialogo, necessario per non impazzire e per alleviare una qualsiasi sofferenza. Jeff Lemire con grande delicatezza dipinge la fine di un quadro dai toni freddi che alla fine assume dei connotati più dolci e leggeri. Alla fine si cerca di dare un messaggio giusto e di mostrarci delle reazioni umane, fin troppo umane. Ovviamente a dare un po’ di difficoltà è proprio il finale, che potrebbe non piacere a tutti perché in fin dei conti si tratta di un quasi happy ending, ma è ciò di cui tutti hanno bisogno e cosi anche la famiglia sfortunata.
Lo stile di Lemire è quello classico che siamo abituati a vedere: graffiante e poco preciso. Sembra quasi di vedere degli sketch, che colpiscono forte allo stomaco. Questo grazie ai personaggi dotati di una mimica facciale che di quella semplicità fa il suo punto di forza. Anche i colori rappresentano un po’ la natura della storia e della narrazione e alla fine, si finisce per amare o odiare il prodotto di Lemire. Ogni pagina sembra avere della cinematograficità, ma attenzione. Quando uso questi termini, non intendo svilire il fumetto come se fosse un surrogato del cinema o della letteratura. Voglio solo dire che i modi registici assomigliano a quelli di un buon film. Auguro infine a tutti di vivere Royal City nel modo profondo e intimo, come è stato scritto.
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