In questa recensione di Spider-Man No Way Home non troverete alcun spoiler e a dire il vero non troverete nemmeno la descrizione della trama. Quindi potete stare tranquilli.
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Alcuni supereroi piacciono di più degli altri, questo è innegabile. Il fascino che esercita un Spider-Man ad esempio è unico nel suo genere e parlando ai ragazzi attraverso un adolescente con tutti i suoi problemi, appassiona anche noi, vecchi appassionati di fumetti. Cresciuti con i film di Sam Raimi e amanti delle avventure del ragno in ogni sua sfumatura. Sì, personalmente da ragazzo apprezzavo anche la serie animata L’Uomo Ragno e i Suoi Fantastici Amici, che forse in pochi ricorderanno.
Fatto sta che al cinema abbiamo visto tre attori interpretare il ruolo di Peter Parker e ognuno di questi ha dato qualcosa di unico all’immaginario collettivo. Personaggi che hanno cresciuto più di una generazione grazie a degli attori veramente in gamba, le storie appassionanti e quell’aria di magia che aleggiava in ogni singolo frame. Indubbiamente però è Tom Holland che ha saputo rappresentare un Peter Parker quasi perfetto. L’abilità nel mostrarlo sia dal lato umano che quello supereroistico ha sempre affascinato tutti, me compreso. Dopo un ottimo Homecoming, un esplosivo Far From Home, era arrivato il momento di chiudere una trilogia con Spider-Man: No Way Home.
Sony ha saputo tenere segreto quasi tutto il film, nonostate le mille teorie dei fan. Alcuni erano i segreti di pulcinella ovviamente, ma restavano comunque off-limits. I poster, i trailer e tutto il materiale non lasciava trasparire nulla da questo film e ciò ha giovato molto alla crescita di un hype forse senza precedenti per un cinecomic. Possiamo dire tranquillamente che si tratta dell’Endgame di casa Sony, ma molti avevano tanti dubbi riguardo alla sua riuscita. Io stesso dubitavo di alcune cose e sono contento di essere stato smentito.
Il terzo film diretto da Jon Watts è forse il meno allegro tra quelli presentati fino a questo momento, ma allo stesso tempo è il più emotivo. Il più forte e diretto, capace di arrivare allo spettatore come la deflagrazione della bomba zucca di Goblin. Stavolta Peter non ha a che fare con un nemico forte, ma con tanti avversarsi quanti erano i film precedenti, ma questo lo sapevate già.
Creare un pasticcio è una cosa che a tutti potrebbe capitare un giorno. Quello di Peter è chiaramente e ovviamente un pasticcio di proporzioni smisurate e gli toccherà rimediare ai propri errori. In realtà si tratta di un vero e proprio rito di passaggio per Spider-Man. Un modo per crescere, per prendere in mano la propria vita e per sviluppare un credo solido e forte. Si tratta anche di una rottura all’interno della giovinezza di Peter e un cambio di rotta futuro e tutto ciò non può che piacere ovviamente.
Sapevamo tutti dei villain provenienti dagli altri universi. Personaggi morti combattendo Peter Parker e desiderosi di avere una seconda chance. Non aspettatevi una grande caratterizzazione per loro, perché semplicemente non ne hanno bisogno. Ci sono dei film dedicati in cui vengono descritte le loro gesta e tanto basta. Qui ne succedono di cose che faranno rizzare i vostri sensi del ragno.
Guardando il film è facile meravigliarsi del fan service inserito nel modo giusto al momento opportuno. Niente sbavature, niente tentennamenti. Spider-Man: No Way Home è un’altalena di emozioni in un crescendo continuo di palpitazioni del cuore. Gli autori hanno saputo farci piangere al momento opportuno, farci ridere a comando e giocare con il nostro cuore da nerd come pochi altri. Questo rende la pellicola perfetta, forse tra le migliori viste fino a questo momento se contiamo i live action.
Il ritmo scandisce le azioni in modo costante e incessante, non facendovi percepire minimamente lo scorrere del tempo. I 150 minuti volano attraverso le battaglie, i confronti e quel desiderio di normalità che abbiamo già visto in passato.
Spider-Man: No Way Home chiude un ciclo durato 20 anni, regalando ai fan qualcosa di unico nel suo genere. Si tratta di una lettera d’amore per chi amava i film del maestro Raimi, per chi ha aveva apprezzato i due The Amazing di Mark Webb e ovviamente per la nuova guardia, quella cresciuta con Tom Holland.
Le doti attoriali di ogni singolo attore risplendono, tranne in alcuni singoli casi. Tom Holland si rivela sempre più capace di esprimere delle emozioni realistiche, pure e coinvolgenti. Il suo futuro è ovviamente già segnato in un crescendo vorticoso di film su film, anche se il giovanotto vorrebbe prendere una pausa. William Dafoe è spaventoso, terrificamente e pietoso allo stesso tempo. Qui più di prima sembra esserci una sorta di rimando alle malattie mentali e lui colpisce forte con delle espressioni che sognavamo nel primo film di Sam Raimi. Anche tutti gli altri attori giocano i loro ruoli con maestria, ma personalmente mi ha colpito Zendaya, che ora più che mai mi è apparsa come una semplice ragazza in mezzo a una situazione più grande di lei, più grande di chiunque.
Jon Watts dirige il film in modo diverso dai precedenti. Ci sono parecchie parti molto cupe e il ritmo non lascia spazi ai momenti di vero relax. Ci sono delle parole chiavi da utilizzare per questa regia: trepidazione, azione, lotta, risoluzione, confronto. Tutto viene messo in primo piano quando serve, mentre per i combattimenti sono stati utilizzati dei piccoli piacevoli escamotage. La CGI è realmente anni luce avanti rispetto a Venom, che purtroppo è ambientato nello stesso universo.
Altri pensieri riguardanti la pellicola verranno svelati a breve con degli articoli appositi, perché questa è una recensione senza spoiler. Eppure è proprio qui che potete trovare i miei pensieri veri, quelli caldi e profondi riguardo il film che tornerò a vedere al cinema.