The Bear Stagione 3 – La serie perfetta su come non gestire un ristorante

The Bear
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Finalmente ho terminato la visione della terza stagione di The Bear, tanto diversa dalle precedenti, ma anche tanto importante e bella. Dopo alcuni episodi era chiaro l’intento degli sceneggiatori. Desideravano allontanarsi per un attimo dalla totale frenesia della cucina (che è comunque presente, sempre), per dedicarsi a chi fa (o dovrebbe) dell’ospitalità il proprio mestiere. Sono saltati fuori i desideri, le paure, le opportunità e ovviamente la preoccupazione.

Carmy vive il suo periodo di maggiore stress ed è chiaro fin dal secondo episodio che andando avanti così non riuscirà a continuare a lungo. Forse lo sa pure lui, ma nell’animo irrequieto ha un demone che si agita e in tutto ciò rende il luogo di lavoro piuttosto insopportabile.

The Bear Stagione 3

Ho apprezzato molto il modo in cui la psicologia dei vari personaggi esce allo scoperto e viene affrontata. Ogni difficoltà di comunicazione, ogni desiderio non detto e ogni critica urlata in faccia. Il realismo continua a non mancare e ancora una volta è molto difficile avere un personaggio odiato, perché sono tutti così dannatamente umani da far paura. L’umanità dei personaggi mi ha fatto scrivere un post sull’ottavo episodio, che meritava a mio avviso uno spazio tutto suo.

In questa stagione abbiamo visto alcuni retroscena di altri personaggi del team e personalmente ho visto parecchie lezioni di vita. Molte di queste sembrano essere state prese direttamente dal libro sulla ristorazione “Un Servizio Pazzesco“. Che vi consiglio se volete approfondire l’argomento dell’ultima puntata riguardo il servizio completo e ciò che ricordato gli avventori di un locale.

Insomma, è stata una stagione diversa dalle solite, ma forse per questo più interessante per me. Dopo i primi sbalzi, ho ritrovato il giusto modo di vederla e devo dire che non è stato fatto un solo passo falso.

Continuano a piacermi in modo viscerale i vari riferimenti al libro Un Servizio Pazzesco, che in realtà racchiude diversi aneddoti e storie che abbiamo visto proprio in The Bear. In fondo Will Guidara non è solo un grande ristoratore e scrittore, ma ha lavorato anche alla scrittura di questa serie. Diventa interessante vedere tutti gli errori che commette Carmy in qualità di capo.

Carmy è infatti la parte debole del ristorante. Lui è la voce della discordia, lui non tenta nemmeno di giocare come un team, ma piuttosto come soldato solitario che tutti devono seguire senza fiatare. Questo è forse il più grande problema non della serie, ma del suo personaggio. Non inteso come un problema di scrittura, ma di personalità realisticamente visibile in molte persone. Perché essere leader non significa solo comandare una brigata urlando a squarciagola i propri pensieri.

In tutto questo, a crescere sono gli altri membri del team. Membri che iniziano a comprendere la bellezza del lavorare in squadra e qualcuno forse inizia anche a nutrire qualche dubbio di troppo verso Carmy. Ogni personaggio subisce una crescita importante al livello psicologico, dimostrando di essere maturato e cresciuto, ma non solo. Qualcuno si denuda, rivelandoci le proprie fragilità e il legame fortissimo con la vecchia gestione del ristorante.

The Bear Stagione 3

Colpisce come sempre la scrittura schietta e diretta, che non lascia niente al caso. Non ci sono momenti di noia e niente viene lasciato senza una vera spiegazione. Ciò che a prima vista non si capisce, diventa chiaro quando si guarda la serie con un occhio più attento alla ristorazione e l’ospitalità, tutto acquista un valore.

Anche la regia gioca un fattore di vitale importanza in quest’avventura. La camera si focalizza sui volti, mostrandoci non solo l’enorme bravura di ogni singolo attore e attrice, ma anche delle situazioni e della crescita psicologica di tutti. Diventa impossibile seguire la storia senza provare una sensazione di gioia, rabbia o dolore. Resta impossibile non commuoversi con l’ottavo episodio, dove Jamie Lee Curtis e Abby Elliot hanno mostrato una capacità recitativa incredibile.

La terza stagione è diversa, ma è altrettanto importante sia per comprendere la vita di un ristorante, ma anche di chi ruota attorno.

Sull'autore

Rostislav Kovalskiy

Un non troppo giovane appassionato di tutto quel che ruota attorno alla cultura POP. Vivo con la passione nel sangue e come direbbe Hideo Kojima "Il 70% del mio corpo è fatto di film".