The Outer Worlds – Recensione

The Outer Worlds
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Quando fra amici si parla di giochi di ruolo di stampo occidentale, state pur certi che prima o poi il nome Obsidian verrà fuori. Ovviamente, tale reputazione non è altro che il frutto di un passato ben più che illustre nell’ambito in questione. Vi basti sapere che le menti dietro Obsidian sono le stesse che si trovavano dietro i primi due Fallout (i veri genitori della serie), nonché dietro Fallout: New Vegas, uno dei capitoli più belli di tutta la saga post apocalittica. Ci sarebbero anche Pillars of Eternity e South Park: The stick of truth, ma non siamo qui per parlare di Obsidian Entertainment. Tuttavia, mi sembrava una premessa interessante per parlare di The Outer Worlds, titolo che sembra voler essere un modo degli sviluppatori di sfidare la loro altra creatura, Fallout, a quale sia il miglior GDR  occidentale in prima persona. 

Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per le megacorporazioni

Il comparto narrativo di Outer Worlds è, forse ciò che più valorizza il titolo di Obsidian. In questo gioco impersoneremo un colono o colona spaziale che si trova ibernato sulla navicella “Hope”. Tuttavia per una serie di motivi che non spiegherò in sede di recensione, non andrà come previsto e ci risveglieremo dopo settant’anni (anziché dieci) dal nostro sonno criogenico e solo grazie a Phineas, un ricercato (che potrebbe ricordarvi Rick da Rick e Morty) nonché scienziato pazzo. Da qui, poi, vi catapulterà subito su Terrarum 2. Un po’ come il nostro personaggio, ci ritroveremo spaesati e confusi, ma ben presto, non appena metteremo piede a Lungacqua sarà ben chiara la situazione in cui si trova Alcione, la colonia planetaria dove si svolge il gioco. Delle megacorporazioni controllano quasi tutto ciò che accade nei vari pianeti, addirittura come devono vivere le persone, trattate quasi come fossero merce, al pari di tutta quella che sono tenuti a produrre. 

Inizialmente, non lo nego, vedendo la deriva estremamente comica dei vari dialoghi (che sono comunque scritti molto meglio di quelli visti in tante altre opere, videoludiche o cinematografiche che siano) ho pensato che, nonostante la sceneggiatura più che notevole, non ci fosse una vera e propria narrazione. Ma, fortunatamente, mi sbagliavo: Obsidian non delude le aspettative. Addirittura avremo a disposizione ben due finali, anche se, giocandoli entrambi, uno sembrerà più “giusto” dato che l’altro taglierà una buona parte delle quest principali. Della stessa, ottima, scrittura ne giovano anche i diversi NPC importanti, chi più chi meno, ognuno di questi con una propria personalità. Questa cosa è notevole soprattutto nel caso dei comprimari, che imparerete a conoscere ed amare molto velocemente, soprattutto se vi dedicherete alle loro missioni personali.

Come ogni Gdr che si rispetti, inoltre, anche The Outer Worlds è pieno zeppo di missioni secondarie che, quasi sempre, saranno divertentissime o interessanti. Tuttavia non è esente da piccoli difetti e piccoli errori, come le sempiterne fetch quest che, seppur addolcite dall’ottima scrittura, restano sempre un po’ noiose, soprattutto perché non mi spiego come in un’ambientazione futuristica come quella in cui è possibile terraformare pianeti alieni, non siano stati inventati sistemi di comunicazione tali da impedirci di ritornare dal datore di una quest.      

Are you a psychopath?

The Outer Worlds non mancherà di riservarvi qualche piccola sorpresa in quanto gioco nudo e crudo, anche se non è il gameplay la punta di diamante di questa produzione. Una delle cose che più mi hanno fatto apprezzare il titolo è stato sicuramente il suo sistema di crescita del personaggio. Innanzitutto, c’è da specificare che gli attributi sono riuniti in gruppo di tre o due abilità, come ad esempio “Distanza” che comprende pistole, armi da fuoco lunghe e armi pesanti; oppure “Comunicazione” che comprende persuasione, menzogna ed intimidazione. Ad ogni livello otterremo dieci punti da spendere in queste abilità e fino al livello 50 (dell’abilità) le tre componenti riceveranno un livello ciascuna, dal 50 in poi, invece, andranno fatte aumentare individualmente. In modo molto realistico, quindi, il nostro personaggio si potrà specializzare in una o più abilità solo quando sarà abbastanza competente in un certo campo. Tuttavia, non si finisce qui, dato che ci saranno anche i vantaggi a rendere vario il gameplay. Di questi se ne otterrà uno ogni due livelli oppure accettando un difetto permanente (come ad esempio ricevere un certo quantitativo di danni in più da un nemico o un’arma x). Con i vantaggi saremo in grado di ottenere diversi bonus, più punti vita, sconto del 20% nei negozi e così via. Insomma si avrà a disposizione più di un modo per rendere il nostro personaggio unico. 

Quando ci troviamo ad affrontare una minaccia potremo contare su vari tipi di armi, da mischia e da fuoco. Lo shooting di questo titolo, seppur non sia definibile “brutto”, non è la cosa che più gli fa onore. Potremmo dire quasi che si tratti del lato peggiore della produzione, nonostante si attesti sopra alla sufficienza per quanto mi riguarda. Ad aggiungere un po’ di sale a questo sistema entra in gioco una meccanica che ci ricorderà molto da vicino il V.A.T.S. di Fallout, grazie alla quale ci sarà possibile rallentare il tempo e preparare in anticipo una strategia. Poi, come già accennato ci saranno sei compagni a nostra disposizione, ognuno con i suoi punti di forza ed i suoi vantaggi. Spetterà al giocatore, quindi, scegliere di portare con sé uno o due tra loro per aiutarci sia nei combattimenti sia, più raramente, in alcuni dialoghi. 

Tra le altre piccole accortezze che mi hanno fatto apprezzare il tempo passato con The Outer Worlds, non posso non nominare una meccanica che è, forse, una sorta di firma di Obsidian, dato che la troviamo anche in New Vegas: se parliamo agli NPC vestiti in un particolare modo, questi non solo lo noteranno, ma a seconda di come siamo vestiti potremo interagire in modo diverso con alcuni di loro. Ad esempio, se siamo travestiti da predoni possiamo letteralmente derubare alcuni cittadini parlandogli. Per finire, come pubblicizzato da uno degli ultimi trailer della campagna marketing del titolo, in The Outer Worlds non dobbiamo per forza di cose essere l’eroe che salva Alcione, nulla ci vieterà di comportarci da psicopatici pronti ad uccidere ogni persona sul proprio cammino.

Scegli anche tu Soluzioni Spaziali!

Tecnicamente, The Outer Worlds va promosso, anche se non a pieni voti. Graficamente il mondo, anzi, i mondi che compongono la colonia di Alcione sono tutti ben disegnati e, soprattutto, differenziati, riuscendo a trasmettere in modo quasi naturale il cambio di atmosfera e ambientazione dall’uno all’altro. Però, se c’è qualcosa che stona leggermente in confronto al resto sono gli interni che, seppur ben costruiti ed in grado di rendere plausibili delle architetture frutto di un’era diversa dalla nostra, mi sono sembrate più di una volta un po’ troppo spoglie. Invece, ho apprezzato molto le schermate e gli artwork inseriti durante i caricamenti che sono tra i più disparati, ed in grado di farti immergere nell’ambientazione: locandine di film, descrizioni accurate delle creature che infestano Alcione, di tutto e di più. Stessa cosa vale anche per gli oggetti del nostro inventario, tutti esaminabili, con delle ottime texture e pieni di piccoli dettagli. 

Il comparto audio, invece, è uno dei punti più deboli del gioiellino di Obsidian se vogliamo accostarlo ad un titolo della serie di Fallout. Sicuramente le due produzioni non hanno dietro lo stesso budget, ma si sentirà la mancanza di musiche datate che ci accompagnano durante le nostre scorrazzate. Detto questo, però, non ci troviamo di fronte un disastro, niente affatto: la colonna sonora del gioco ha comunque il suo perché, nonostante per alcune orecchie possa mancare di mordente.

Per il resto il titolo mi è sembrato più che stabile, non ho avuto problemi di sorta né cali di framerate (stabile sui 30) né tantomeno glitch o bug che mi hanno impedito di andare avanti con l’avventura (anche se, a quanto pare, qualcuno ha scoperto un glitch per duplicare gli oggetti). Al più, qualche problema l’ho riscontrato nell’IA dei nemici che, come accade fin troppo spesso, saranno veramente stupidi e, a meno che non giochiamo ad un livello di difficoltà più alto del normale, portandoci dietro due compagni il livello di sfida, diventa quasi inesistente. Stessa cosa per quanto riguarda gli NPC, facilmente raggirabili se decideremo di derubarli: a differenza di New Vegas, possiamo girare indisturbati nelle loro abitazioni senza che questi ci seguano per tenerci d’occhio. Addirittura possiamo aggiungere la beffa al danno quando derubiamo e poi rivendiamo la merce ad un qualche negoziante. Ma, in definitiva, sono delle cose che per lo più mi hanno strappato qualche risata piuttosto che frustrazioni per le situazioni assurde che si sono venute a creare in alcune occasioni.

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