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Il fantasy è quel magico genere capace di sfoderare sempre il coniglio dal cilindro, senza sembrare noioso o già visto. Anche quando l’opera è simile a tante altre, ma con delle potenzialità inespresse, questa viene elevata a un grande lavoro. Immaginate invece il responso delle persone davanti a un libro originale, cruento e profondo. Beh, in questi casi succede che talvolta l’opera diventa famosa e valorizzata e altre volte no (Le Cronache dell’Assassino del Re). Ovviamente al grande pubblico generalista un libro viene sotto mano dopo la visione di un film, una serie o un videogioco e ciò è normalissimo in fin dei conti. Scopriamo spesso qualcosa di nuovo grazie a un’opera derivata da quella originale ed è giusto che sia cosi.
Sapere quindi che tante persone hanno apprezzato le gesta cartacee di Geralt di Rivia grazie al videogioco mi ha fatto sempre piacere e ora ulteriori persone potranno conoscere un personaggio cosi oscuro, controverso, maestoso e taciturno. Grazie alla possibilità datami da Netflix di vedere le prime cinque puntate in anteprima, voglio raccontarvi il mio resoconto, senza peli sulla lingua e ammettendo di essermi sbagliato di grosso durante l’annuncio della serie tv.
L’oscurità è ovunque
Il mio errore è stato quello di partire fin dal primo annuncio con un’idea sbagliata, quella di una serie fallimentare e basta. Il motivo di questa prima analisi era il nome che si celava dietro la sua creazione, Lauren Schmidt Hissrich, che in passato abbiamo trovato dietro una disastrosa serie The Defenders. Aspettarmi il peggio era quindi abbastanza logico, ma la sorpresa nel trovarmi a qualcosa di interessante e soprattutto avvincente è stato un vero e proprio piacere.
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Parliamo però della storia dells serie tv The Witcher, o per meglio dire, dei suoi primi cinque episodi. Geralt è uno strigo (un Witcher), mutato grazie alla magia, reso sterile e capace di padroneggiare alcune forme di magia stessa. Come Witcher, fa parte della scuola del Lupo, situata a Kaer Morhen e la sua vita consiste nell’eliminazione di mostri e creature pericolose, ma a un prezzo. I soldi fanno comodo e per vivere servono più della bontà d’animo. Il problema, però, è che la sua stirpe non solo sta per estinguersi, ma è anche malvista da quegli stessi umani che Geralt cerca di proteggere. Egli viene visto alla stregua di un mostro o mercenario, assoldabile per fare qualche sporco lavoro. Insomma, è un reietto in un mondo in cui potrebbe essere l’unico a salvare gli umani dalla morte, ma sappiamo tutti di essere una razza particolare e strana.
Il problema viene quando qualcosa nel mondo inizia a muoversi verso una futura guerra ingaggiata da Nilfgaard, un impero pronto a tutto pur di padroneggiare il mondo e di prendere Ciri, una piccola ragazza legata inconsapevolmente a Geralt. In tutto questo, non ci sono veramente dei buoni o cattivi, ma viaggiamo costantemente attraverso le sfumature intermedie, anche se ovviamente il buono esiste in piccole dosi. A muoversi attorno a Geralt ci sono anche Triss Merigold e Yennefer, ma la prima ha avuto troppa poca attenzione nelle cinque puntate per poterla giudicare. Yen al contrario è la protagonista femminile e rappresenta tutte le quelle caratteristiche che siamo abituati a vedere nel gioco e leggere nei romanzi.
Nessuna pietà
Prima dell’uscita della serie, molti ne parlavano come di un nuovo Game of Thrones, ma no, non lo è in nessun punto. Però bisogna dire che se Game of Thrones cercava di mostrarci delle morti importanti alla fine di una stagione, qui vediamo morire un po’ tutti. Vedi un personaggio che sembra essere importante e promette davvero bene, ma eccolo morire dopo pochi minuti e questo vale per gli adulti e bambini. La crudeltà spietata e non edulcorata è in fondo una caratteristica principale dei romanzi e cosi anche della serie tv, ma non servono i fazzoletti. Come ogni Witcher, dovete sopprimere ogni emozione.
La narrazione ha una certa libertà che avvicina la storia ai libri, nonostante ci siano alcuni omaggi al videogioco. Geralt nella vasca è uno di questi, ma per il resto della storia il modus è quello dei romanzi, con tutte le libertà del caso. Questo è uno dei punti forti della produzione, ma l’altro è rappresentato dagli attori. Oltre Henry Cavill difficilmente riconoscerete un attore per la fama internazionale, ma ognuno di questi recita una parte più che convincente. Anche quelli secondari hanno in realtà un ruolo importante all’interno della serie e le loro espressioni sono il frutto di una grande impersonificazione in personaggi oscuri e malvagi. Henry Cavill nei panni del Witcher rientra in quel campo di quasi perfezione e devo dire che ci credevo fin dal primissimo annuncio dell’attore. Un ruolo sfortunato non dovrebbe compromettere una carriera intera e tutti dovrebbero capirlo. Ha letto i romanzi, ha giocato ai giochi e ha amato Geralt come lo amiamo tutti e questa passione è possibile percepirla in ogni frame, in ogni occhiataccia o combattimento. Lui è Geralt.
Freya Allan è ancora giovane, ma ha già avuto un duro compito di interpretare la Principessa Ciri e anche in questo caso è impossibile dire qualcosa che non sia un grande complimento alle qualità recitative di una ragazza cosi giovane. Sul suo volto si percepisce tutta la drammaticità degli eventi che le capitano e da spettatore si rimane incantanti perché è chiaro che ha un futuro radioso. Anya Chalotra invece è un caso a parte e con Yennefer di Vengerberg ha interpretato un ruolo difficile e complesso come pochi. Nel corso degli episodi ha subito un’evoluzione notevole e altrettanto è notevole l’abilità di Anya nel risaltare quei momenti e l’animo di Yen.
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Al livello musicale ci troviamo davanti a una composizione interessante, ma più debole rispetto alla controparte videoludica. Alcuni brani sono particolarmente avvincenti, ma sono davvero pochi purtroppo e ciò dispiace. Al livello grafico invece, non ci sono dubbi, Netflix ha trovato il modo giusto per mettere sul campo la CGI. La prima scena potrebbe far storcere il naso, ma andando avanti ci si rende conto che in realtà questa funziona a perfezione con il contesto e la storia. Non c’è il fotorealismo, ma non un problema in quanto è l’insieme a rendere tutto molto funzionale.
Il breve resoconto dei primi cinque episodi finisce qui, ma dopo la visione di tutti i capitoli, vedrete sicuramente altri articoli al riguardo.